Larino

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view post Posted on 8/6/2013, 08:40     +1   -1
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Insieme in Armonia

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Punto di incrocio dei percorsi che seguono l'andamento costiero con quelli che dall'interno raggiungono la costa, Larino deve la sua nascita e il suo sviluppo a questo snodo. In posizione dominante sulla bassa valle del Biferno da un lato, sulle Piane attraverso le quali facilmente si raggiunge la costa, aperta alle aree pugliesi, la zona di Piano San Leonardo sin da epoche protostoriche cominciò ad ospitare insediamenti umani. In epoca arcaica si rinvengono nuclei di piccoli sepolcreti sparsi in forma anulare, a testimonianza di gruppi numerosi di piccoli villaggi, con comunità che probabilmente condividevano alcuni servizi. La prima forma urbana risale alla fine del V secolo a.C., ma si trova realizzata in quello successivo. Dell'impianto urbano di quest'epoca si conosce poco in quanto le successive sistemazioni urbanistiche si sovrapposero, obliterandole ed inglobandole, a quelle precedenti. Si trovano però qua e là testimonianze significative che permettono di definire questo primo insediamento urbano caratterizzato da edifici con zoccolature in blocchi di arenaria e alzato in mattoni crudi; piccoli tratti di strade di epoca preromana, risalenti al IV e III secolo a.C., si sono trovati laddove poi sorse l'anfiteatro, con pavimentazione in piccoli ciottoli disposti di taglio formanti un disegno geometrico. A partire da epoca augustea la città cominciò ad avere una nuova sistemazione urbanistica soprattutto in riferimento ad edifici pubblici di grande rilevanza: l'area del foro, nella prima metà del I secolo d.C., l'anfiteatro, nella seconda metà dello stesso secolo, le terme e taluni edifici pavimentati in mosaici bicromi e policromi a nel II secolo.
Rispettando la conformazione del terreno e i percorsi stradali che si erano configurati da tempo, la forma della città non ebbe mai un contorno regolare; si sviluppò ai lati delle strade assumendo una conformazione "a boomerang". L'abbandono del sito risale probabilmente ad epoca tardo antica; la popolazione, in epoche di disordini e di insicurezze, cominciò a stanziarsi a valle, su uno sperone roccioso difeso naturalmente; qui si sviluppò il centro medievale e moderno, mentre il sito preromano e romano andò progressivamente in rovina, per essere rioccupato solo in tempi recentissimi: "Larino nuova", come la si definisce, si è sviluppata negli ultimi cinquant'anni sul sito dell'antica Larinum.

L'anfiteatro



Di forma ovale, con curva policentrica, presenta una struttura mista: l'arena e gli ordini inferiori della cavea sono difatti scavati nello strato di arenaria, quelli superiori sono costruiti in elevato. Per l'accesso all'arena e agli ordini inferiori della cavea si aprono quattro porte di cui due (nord e sud) di maggiori dimensioni. Per la distribuzione degli spettatori serviva un ambulacro con volte a botte nel quale si aprivano 12 vomitori corrispondenti ad altrettante gradinate radiali, mentre l'accesso all'ordine superiore era assicurato da scale esterne come avveniva nell'anfiteatro di Pompei. I muri in elevato sono realizzati con opus coementicium con paramento in mattoni interrotti da tratti in opera reticolata. Il piano dell'arena è bombato al centro, in modo da permettere la raccolta delle acque nel canale che la circonda (euripo). In posizione decentrata è una fossa a pianta quadrata, che permetteva molto probabilmente il ricorso ad effetti scenici mediante un elevatore (sul suo fondo sono stati trovati i contrappesi che ne assicuravano il funzionamento). La costruzione dell'anfiteatro è datata da una iscrizione rinvenuta presso la porta est, che menziona anche il finanziatore dell'opera: il committente dell'opera fu un personaggio di rango senatorio, Capitone, di cui si è perso il gentilizio. L'anfiteatro di Larino è uno degli esempi di rinnovamento edilizio che interessò gli edifici destinati agli spettacoli anfiteatrali verso la fine del I secolo d.C. trovando impulso dalla fastosa inaugurazione dell'anfiteatro flavio: furono difatti molti i personaggi di alto rango che diedero prova di evergetismo finanziando tali strutture (l'anfiteatro di Urbisaglia, Cassino, Lucca; dello stesso periodo sono anche le strutture anfiteatrali di Amiterno, Volsinii, Aquileia, Parma). Per quanto attiene alla struttura, il suo carattere "misto" lo distingue da altri edifici quali quelli di Verona, Pozzuoli e dello stesso anfiteatro Flavio, interamente costruiti in elevato. Di media grandezza (più piccolo di quelli sopra citati) si avvicina per dimensioni al non lontanissimo anfiteatro di Lucera e di Alba Fucens, con una capacità di circa 10.000 spettatori.

Le terme presso l'anfiteatro



Non mancavano le terme in una città densamente popolata e trafficata. A Larino ne sono state identificate almeno quattro, dislocate in vari punti della città, di cui due nelle immediate vicinanze dell'anfiteatro e in tutti i casi (almeno così sembrerebbe) nella vicinanza di strade principali. Di uno di questi impianti, ora interrato, furono identificati due ambienti absidati di cui uno pavimentato in mosaico; un altro ambiente, addossato ad una delle due absidi, era adibito a cisterna. Del secondo impianto termale si vedevano agli inizi di questo secolo cospicui resti dell'elevato in laterizi (i resti all'epoca incorporati in una costruzione adibita a frantoio); anche qui si è ricostruita in pianta l'esistenza di ambienti absidati e di aule a pianta quadrata con pilastri. Del terzo impianto termale individuato con saggi di scavo nel 1951, ora distrutto, resta solo la documentazione dell'epoca dei saggi; si parla di almeno dieci ambienti con relativi pavimenti (in mosaico, in opus spicatum) e di altri destinati alla combustione, che ne permisero l'identificazione come ambienti termali. Il quarto impianto è stato recentemente esplorato in parte della sua struttura; esso è collocato a sud-ovest dell'anfiteatro, da esso distante circa 50 m., all'interno del parco di Villa Zappone. Si susseguono ambienti ipogei di varie forme e dimensioni di cui uno absidato con pavimenti in lastre di laterizi e qua e là tracce delle colonnine fittili adibite a suspensurae (le colonnine che sostenevano un pavimento pensile sotto il quale circolava aria calda). Un rudere, rimasto sempre in vista, si conserva in altezza per circa 10 m.: si tratta di un enorme pilastro (m. 2,00 x 2,80) con nucleo cementizio e rivestimento in laterizi. Di queste terme è stato parzialmente esplorato un grosso ambiente pavimentato con un mosaico a tre colori: su campo bianco c'è un riquadro centrale con motivi geometri, mentre l'ampio spazio marginale, delimitato da fasce nere, ha motivi figurati: delfini guizzanti e animali marini.

La domus ellenistica



Le varie fasi urbane della città di Larinum sono documentate ovunque si siano eseguiti saggi o scavi archeologici. Nella zona di Torre S. Anna, dove sono stati individuati un'area pubblica con portici, ambienti absidati ed un edificio a probabile destinazione sacra (tempio di Marte?) è stata esplorata una interessante casa (domus) pre-imperiale che, parzialmente, fu distrutta o comunque obliterata dagli edifici sopra menzionati. A sua volta la domus conobbe almeno due fasi, anche se l'edificio mantenne intatta la struttura: un grande atrio quadrangolare pavimentato in ciottoli policromi, un corridoio di ingresso (fauces) anch'esso in policromia di ciottoli; al centro (o quasi) è un impluvium (vasca per la raccolta dell'acqua piovana) con mosaico policromo raffigurante su campo bianco un polipo centrale e quattro cernie agli angoli; tutto intorno un'ampia cornice di tralci, pampini e grappoli: questo impluvio fu aggiunto nella seconda fase insieme alla fascia pavimentale immediatamente circostante. Attorno a questo atrio si distribuisce una serie di ambienti cui si accedeva tramite vani con soglia in pietra e cardini di bronzo (una sola è conservata integra). Delle pareti si conserva solo la fondazione con la zoccolatura di base, costituita da grossi blocchi di arenaria; si suppone che l'alzato fosse in mattoni crudi; uno degli ambienti laterali conserva parte del pavimento in cocciopisto con tessere a motivo punteggiato.

Un'area pubblica



Il settore è ubicato a circa 100 metri a nord-ovest dell'anfiteatro. Esplorato parzialmente, si articola in un edificio a pianta quasi quadrata su alto podio, rimasto sempre parzialmente in luce, eseguito in muratura di mattoni (opus latericium), che potrebbe essere identificato con un edificio sacro (non è del tutto da escludere che tale edificio possa essere identificato con il tempio di Marte menzionato nel 1744 dal vescovo Tria). Immediatamente a ridosso di tale edificio, su due livelli entrambi inferiori rispetto al piano del tempio, che in tal modo viene ad assumere una posizione eminente, si distribuiscono altri ambienti, su una piattaforma sostenuta da un poderoso muro in opus mixtum di reticolato e laterizio; si individuano un porticato colonnato che conserva il filare di base dei blocchi calcarei e solo una delle basi di colonne, inoltre aule rettangolari con tracce di numerosi rifacimenti, e una zona absidata originariamente rivestita di lastre di marmo, articolata in una serie di nicchie a pianta rettangolare e semicircolare. Poco resta delle pavimentazioni originarie; nell'edificio sacro, il cui ingresso si apriva al lato opposto rispetto all'area pubblica, doveva essere un pavimento in mosaico ora perduto; resti anche cospicui, di un pavimento in cocciopisto si trovano nel resto dell'area.

Un edificio absidato con mosaico



L'ambiente presenta una pianta rettangolare con abside; i muri perimetrali, conservati solo nella parte bassa delle pareti, erano rivestiti. Si accede all'edificio tramite una soglia ampia quasi quanto l'ambiente, costituita da blocchi in calcare sui quali sono i fori per una cancellata,. Il pavimento è un mosaico bianco con decorazione geometrica e floreale di tessere nere; in una cornice di due fasce, che segue sottolineandolo l'andamento absidale, si articolano croci greche alternate a quadrati e, verso i margini, serie di rombi e triangoli.Tra questi elementi geometrici vi sono svastiche, croci, quadrifogli. Nell'abside il pavimento è una lunetta con racemi e volute. Quasi al centro dell'ambiente è una cisterna a pianta circolare di forma troncoconica, ampiamente slargata alla base (circa 2 metri) profonda oltre 3 metri, con pareti rivestite in laterizi e con pavimento in intonaco idraulico.

Un settore abitativo con strada



Un settore abitativo di notevole interesse è venuto alla luce nell'area a ridosso dell'attuale Palazzo di Giustizia, in posizione periferica rispetto a quello che doveva essere il centro urbano antico. Interposta tra abitazioni moderne, l'area è divisa in due parti da una strada in grossi ciottoli di fiume con relativi marciapiedi (crepidines) leggermente rialzati rispetto al piano stradale. A valle della strada si distribuiscono ambienti a destinazione artigianale: una vasca pavimentata in mattoncini era collegata ad un canale di scarico, un altro ambiente è pavimentato in cocciopisto. A monte è il settore destinato ad abitazione; due ambienti conservano i pavimenti in mosaico. Il primo pavimentava verosimilmente una sala da pranzo (triclinium); pur se notevolmente lacunoso, si legge in tutti gli elementi compositivi e nella decorazione bicroma: serie di ottagoni e losanghe nonché un vaso (cantaro) che appunto fa ipotizzare la destinazione dell'ambiente a sala da pranzo. Un secondo ambiente, conservato nelle dimensioni originarie, presenta un mosaico bianco, con riquadro centrale in tessere bianche e nere: triangoli, foglie, un rosone articolato in quadrati e rosette. I magazzini dell'abitazione individuati e scavati solo parzialmente, conservano grosse botti (dolia) di terracotta infossate al di sotto del piano di calpestio.

I mosaici nel palazzo ducale



Nel palazzo ducale sono conservati tre mosaici policromi, di cui due famosissimi, che furono trovati nel secolo scorso non lontano dall'anfiteatro. Il mosaico cosiddetto della Lupa raffigura la lupa nell'atto di allattare Romolo e Remo sotto una rupe, dalla sommità della quale due pastori guardano la scena. Una ricchissima cornice raffigura eroti cacciatori fra girali dentro i quali si alternano animali selvatici. Il mosaico è del III secolo d.C.
Quello detto del Leone ha un riquadro centrale con scena figurata: un leone che avanza a destra sotto una palma; il campo è decorato con un complesso motivo geometrico di riquadri con trecce, rombi e pelte. Viene datato al II secolo a.C.
Il terzo mosaico, purtroppo molto lacunoso, anch'esso risalente al II secolo d.C., è racchiuso in una cornice di tralci e foglioline di edera, treccia e ogive, con campo che è un alternarsi di volute, tralci e foglie entro i quali si alternano uccelli su rami.

La necropoli romana



Una ventina di sepolture, non tutte in buono stato di conservazione, sono state recuperate nei pressi dell'attuale stazione ferroviaria, area ricadente in antico al di fuori del circuito urbano. Il nucleo sepolcrale comprende sia tombe di epoca arcaica (VIII-VI secolo a.C.) sia sepolture di epoca romana. Queste ultime si rivelano particolarmente interessanti anche perché rappresentano la prima testimonianza di tale tipo di reperti. Ci si trova di fronte ad un nucleo di sepolture prevalentemente di bambini; le tombe sono a fossa scavata nel banco di arenaria, prive di copertura oppure, raramente, con copertura di tegoloni. Sono tombe ad inumazione, tranne un caso ad incinerazione. L'orientamento è costantemente nord-ovest/sud-est, con la testa in prevalenza posta asud-est. Il corredo dei vasi, quando presente, è deposto ai piedi, ma non mancano casi in cui esso si trova distribuito in vari punti della fossa, anche presso il cranio e sul corpo. Da notare è la presenza di una sepoltura bisoma, con un adulto ed un neonato, forse la madre morta di parto e suo figlio. La presenza frequente di lucerne accanto alla piuttosto grossolana ceramica da mensa implica vari significati; la luce divina, l'anima che sopravvive, la fiaccola della nuova casa. L'unica sepoltura ad incinerazione conserva i resti di un cofanetto di legno (il meccanismo metallico di chiusura); esso era probabilmente utilizzato come urna cineraria. I corredi comprendono vasi in ceramica, vasetti di vetro, lucerne, monili di bronzo, di ferro, di vetro, di ambra. Particolarmente significativo il corredo della tomba n. 1 (di adulto) che contiene una scodella, una brocca, una lucerna nonché un grosso numero di chiodini di ferro pertinenti alle calzature del defunto. La tomba n. 2, oltre a due brocche, una scodella, un vasetto senza manici e una serie di chiodi, restituisce due lucerne, di cui una piuttosto singolare, sostenuta dalle mani di una figura maschile.

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La città



Larino è sicuramente una delle cittadine più interessanti del Molise. Immersa nei campi di olivo e in una florida vegetazione, è famosa per le numerose testimonianze delle epoche passate: l'anfiteatro e i mosaici romani, i sontuosi palazzi, le ville nobiliari e le chiese, tra cui quella di S. Francesco, mostrano anche oggi le tracce di una storia millenaria.

La cattedrale di Larino, consacrata il 30 Luglio 1319 (data scolpita sull'architrave del portale), dedicata al Patrono della città ed all'Assunta, và considerata come uno degli edifici più importanti dell'architettura religiosa dei secoli XIII e XIV dell'ltalia centrale. La sua importanza deriva non solo dal suo alto valore artistico, ma riguarda anche una raffinata concezione progettuale dell'intero organismo. Cosi, come nell'ormai storicamente consolidata tradizione dell'architettura italiana di quei secoli, che vede il netto rifiuto dei modelli d'oltralpe, anche la cattedrale di Larino presenta una struttura spaziale tipicamente romanica nella quale si innestano alcuni elementi formali tipici della corrente culturale del gotico, di cui l'arco ogivale rappresenta l'elemento più tipico. Gli studi attuali concordano nel ritenere l'organismo realizzato in due tempi diversi. Al primo dovrebbero risalire le uniche tre coppie di pilastri corrispondenti specularmente, al secondo, probabilmente in seguito ad un cambiamento di programma, il resto della chiesa caratterizzata da sostegni asimmetrici {complessivamente 5 a sinistra e 6 a destra dell'ingresso), da una differente ampiezza delle navate laterali (coperte con volte costolonate) e dalla posizione della facciata fortemente inclinata rispetto all'asse longitudinale della chiesa.
L'anticlassico orientamento con la terminazione absidale ad ovest invece che ad est, simbolicamente verso Gerusalemme è dunque solo successivo, in quanto, in precedenza, l'ingresso doveva situarsi. proprio in corrispondenza dell'attuale zona absidale, su quello che doveva essere l'asse principale della città, costituito dalle attuali Via Marconi, Via Olmo e Via Paradiso. All'interno, piuttosto austero (anche se originariamente doveva essere totalmente affrescato, vedi a proposito tracce di affreschi nella navata di destra), si contrappone il paramento murario della facciata, a coronamento orizzontale, secondo il tipico modello abruzzese. Particolarmente raffinato è l'apparato scultoreo della facciata, e la loro particolare configurazione che prevede un' inusuale incorniciamento oltre del portale anche del rosone e delle due finestre a bifora tramite un rilievo cuspidato. Capolavoro scultoreo è il rosone, incorniciato da archivolti sporgenti sostenuti da colonnine pensili. Le figure allegoriche che si vedono sull'arco acuto (con al centro l'agnello) che sovrasta il rosone, cioè l'aquila ed il bue a destra, un angelo ed un leone a sinistra, rappresentano i quattro evangelisti, mentre il vescovo sulla punta dell'arco rappresenta San Pardo. Le decorazioni delle colonnine formanti i raggi, sono tutte di fattura diversa l'una dall'altra, e fatto inusuale il loro numero è dispari, tredici.

Altro elemento di particolare valenza architettonica, è indubbiamente la lunetta centrale del portale. Il soggetto scultoreo della lunetta, con la croce ad Y, tipica immagine del XIII sec., denota nell'impostazione della scena forti legami con gli schemi usuali nel XII sec. raffigurante Cristo crocefisso coronato Re da un angelo, con ai lati la Madonna e San Giovanni, presenta, dopo i lavori di pulitura, chiare tracce di colore che invece sono assenti nel resto della lunetta. La Basilica Cattedrale di Larino, fu dichiarata monumento nazionale nel 1890, mentre con Bolla Pontificia del 13 Luglio 1928 è stata insignita del titolo di Basilica Minore. Nella prima metà del XVIII secolo, venne adeguata al gusto barocco, e negli anni 1950-1952, con lavori di restauro, riportata al suo aspetto originario. Nella sua configurazione originaria (1319) la Cattedrale risultava mancante, rispetto alla configurazione attuale, della cappella del Sacramento che risale al 1733; delle due absidi laterali, di cui quello di sinistra è databile fra il XIV e il XV secolo, mentre quello di destra è stato realizzato dopo il 1860; e infine del Campanile.

Posto sul lato destro della facciata, è alto ben 33 metri, ed è stato realizzato in due epoche; la prima, corrispondente al basamento impostato su due poderosi archi a sesto acuto, denominato "Arco di San Pardo", e venne costruito sotto il Vescovo F. G. Leone nel 1451 da Giovanni da Casalbore, come risulta da una lapide posta nell'arco stesso. La parte superiore venne completata nel 1523 sotto il Vescovo F. G. Petrucci, come risulta da un'altra lapide posta nel primo piano del campanile. Ai lati di questa sono visibili lo stemma del Vescovo suddetto, della città di Larino e del signore di Larino, che in quei tempi era Ettore Pappacoda. Secondo alcuni storici, questo campanile sarebbe stato edificato al posto di un altro precedente, coevo alla Cattedrale: Da notare che sul lato occidentale, nella parte alta, è inserita una lapide che raffigura il Vescovo Raone, il quale inaugurò la Cattedrale. Nel primo piano del campanile era posto anticamente l'archivio capitolare, nel secondo piano fu posto nel 1785 l'orologio, opera del Grassi di Casacalenda, nel terzo piano, si trova la cella delle campane rifuse alla metà del XIX sec., e nell'ottagono le due campane dell'orologio (1691-1735) e altra campana (1860). Il campanile oltre alle varie iscrizioni si arricchisce anche di bassorilievi dell' antica Larinum.


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Fonte:
ilpaesedeibambinichesorridono.it


Edited by francesina63 - 29/4/2018, 16:15
 
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