25 Novembre - Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne - L'Amore non è violenza!

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view post Posted on 25/11/2022, 19:09     +1   -1
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Viaggio nella Repubblica Dominicana, per scoprire la storia delle sorelle Mirabal
Perché il 25 novembre si celebra la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne

NOTIZIE DI VIAGGIOPERCHÉ IL 25 NOVEMBRE SI CELEBRA LA GIORNATA PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE
Viaggio nella Repubblica Dominicana, per scoprire la storia delle sorelle Mirabal
Perché il 25 novembre si celebra la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne
di
Roberto Copello
25 Novembre 2022

Dal 1999 ogni anno il 25 novembre si celebra la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una data scelta dall'Onu non a caso. Proprio un 25 novembre, quello del 1960, nella Repubblica Dominicana si consumò il martirio di tre giovani donne, le sorelle Mirabal: Patria, Minerva e Maria Teresa, soprannominate “las mariposas” (le farfalle).

Erano belle, colte, benestanti, ferventi cristiane, ma con un “peccato” imperdonabile agli occhi del dittatore Rafael Leónidas Trujillo: non volersi piegare alla feroce logica dell'uomo che in trent'anni di potere non aveva mai esitato a fare uccidere chi gli si opponeva, tanto che il numero delle sue vittime ammonterebbe addirittura a trentamila. Così anche le tre coraggiose sorelle furono assassinate, ma la storia ha dato ragione a loro, tanto da farne un'icona di libertà e opposizione alla violenza. Lo sono in particolare nella loro nazione ormai felicemente democratica, dove ovunque sono loro dedicati monumenti, scuole, strade, festival, associazioni culturali, e addirittura il nome di una delle 32 province dominicane, quella prima detta Salcedo e che dal 2007 si chiama Provincia Hermanas Mirabal

Un'icona diventata globale, dopo che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999, invitò tutti i governi a prendere iniziative con cui sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza alle donne, in ambito sia pubblico sia domestico. Per questo chi si reca nella Repubblica Dominicana, attratto ovviamente dalle spiagge e dalle vestigia coloniali, non farebbe male a deviare dalle strade più battute dai turisti, concedendosi un'escursione ai luoghi più legati alla memoria delle tre “farfalle”: dalle vie di Salcedo e delle vicine Tenares e Villa Tapia, i cui muri sono ricoperti da centinaia di colorati murales spesso dedicati proprio alle tre sorelle, sino alla casa delle sorelle, oggi trasformata in museo-memoriale.

LA STORIA DELLE TRE FARFALLE
Patria, Minerva e María Teresa Mirabal erano cresciute con la sorella Dedé e i genitori a Ojo de Agua, una frazione di Salcedo, una cittadina nel nord del paese, al limitare della lussureggiante Valle del Cibao famosa per le piantagioni di cacao. Tutte avevano goduto di un'ottima educazione e avevano sviluppato una notevole sensibilità artistica e sociale, che fatalmente le portò a opporsi al regime di Trujillo (secondo un episodio a metà fra realtà e leggenda, nel 1949 il dittatore a una festa avrebbe ballato e discusso a lungo con l'affascinante Minerva, che però lo avrebbe offeso abbandonando la serata anzi tempo).

“Farfalle” era il nome di battaglia che le sorelle s'erano scelte all'interno del movimento insurrezionale 14 de Junio, fondato da Minerva e dal marito Manuel Aurelio Tavárez Justo per rovesciare la tiranía trujillista, il regime del sanguinario e megalomane dittatore che era arrivato a cambiare nome alla capitale Santo Domingo, ribattezzando Santo Domingo niente meno che Ciudad Trujillo. Tutti i membri del gruppo 14 de Junio, però, presto erano stati arrestati. E il 18 maggio 1960 Minerva, María Teresa e i rispettivi mariti erano stati condannati per sedizione e incarcerati.


A sorpresa, però, Trujillo in persona in agosto aveva fatto liberare le due donne, forse perché in quei giorni nella Repubblica Dominicana arrivava una ispezione dell'Oea (l'Organizzazione degli stati americani), che minacciava di infliggere sanzioni economiche al paese. I mariti furono invece trasferiti nella fortezza di Puerto Plata, dove le sorelle Mirabal andavano a trovarli ogni venerdì, viaggiando in auto lungo la tortuosa strada di Guazumal (Tamboril), che da Salcedo scende verso la costa atlantica.

Il 25 novembre, proprio mentre tornavano da una di queste visite, la Jeep, guidata dall'autista di famiglia Rufino de la Cruz e su cui viaggiava anche la sorella Patria, fu fermata da quattro sgherri di Trujillo, membri del Servicio de Inteligencia Militar, nel luogo detto La Cumbre. Le tre sorelle e l'autista furono portati in un canneto e massacrati a colpi di bastone. I quattro cadaveri furono quindi caricati sull'auto, che fu spinta in un dirupo, per simulare un incidente stradale. Patria aveva 36 anni e tre figli, Minerva 34 anni e due figli, María Teresa 25 anni e un figlio. Sei mesi dopo, il dittatore Trujillo veniva a sua volta assassinato: la sera del 30 maggio 1961, una decina di chilometri fuori da Santo Domingo, la sua auto fu colpita da una scarica di 53 proiettili. Così, poco dopo, la verità sulla morte delle sorelle Mirabal venne a galla.

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LA CASA MUSEO HERMANAS MIRABAL
La Casa Museo Hermanas Mirabal è un omaggio alle vite e agli ideali di queste tre eroine nazionali. Sin dal 1965 la casa materna aveva aperto le porte a chi voleva conoscerne la storia, attraverso il racconto e il ricordo di Dedé, la quarta sorella loro sopravvissuta e vissuta 89 anni, sino al 2014. Nel 1994 venne creata la Fundación Hermanas Mirabal (attualmente diretta da Noris González Mirabal, figlia di Patria) e la casa fu ufficialmente trasformata in museo, che ben restituisce l'atmosfera degli ambienti in cui vivevano le sorelle.
Si tratta di una bella villetta costruita nel 1954 e che conserva gli arredi originali dell'epoca, assieme a una commovente serie di oggetti, foto, quadri, lettere appartenuti alle sorelle, nonché ai loro bellissimi vestiti anni 50. La dimora è circondata da un giardino con tante belle piante tropicali, al cui ingresso un altro edificio ospita gli uffici della Fondazione e la biblioteca Dra. Minerva J. Mirabal de Tavárez. In un angolo del parco, sotto un grande albero, il 25 novembre del 2000 sono stati trasferiti i resti di Patria, Minerva, María Teresa e di Manolo Tavárez Justo (marito di Minerva e leader del gruppo 14 de Junio), in un mausoleo che è ufficialmente Panteón de la Patria.

Molto semplice, vuol ricordare una sorgente d'acqua che simboleggia la continuità della vita, ed è stato realizzato con le pietre che Minerva conservava pensando di costruire un patio in stile spagnolo. Proprio lei, la bellissima, impetuosa Minerva (che forse mai avrebbe immaginato di essere interpretata sullo schermo da Salma Hayek, nel film “In the Time of the Butterflies”), a chi la metteva in guardia dai rischi che si prendeva era solita rispondere: “Se Trujillo mi uccide, tirerò fuori le mie braccia dalla tomba e diventerò più forte di lui”.

INFORMAZIONI
Siti web http://casamuseohermanasmirabal.com; www.godominicanrepublic.com

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Se domani tocca a me...

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Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che vengo a cena.
Se domani, non vedi arrivare il taxi.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel,
su una strada o in una borsa nera.
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia.
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata.
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata.
Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato,
che erano i miei vestiti, l’alcool nel sangue.
Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni,
che ero infedele, che ero una puttana.
Ti diranno che ho vissuto, mamma,
che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Lo giuro, mia cara mamma,
ho urlato forte così come volavo alto.
Lui si ricorderà di me, mamma,
saprà che sono stata io a rovinarlo
quando avrà di fronte il volto di tutte quelle
che urleranno il mio nome.
Perché lo so, mamma, non ti fermerai.
Però, te lo chiedo per quello che ami di più al mondo,
non trattenere mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine,
non privare di nulla le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma,
non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.
Combatti per le loro ali,
quelle ali che mi sono state strappate.
Combatti per loro,
che possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti perché urlino più forte di me.
Possano vivere senza paura, mamma,
proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.
Se domani sono io, mamma,
se non torno domani, distruggi tutto.
Se domani tocca a me,
voglio essere l’ultima.

Cristina Torre Cáceres,
poeta e attivista peruviana


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Donna: né sottomessa né devota, ti voglio bella, libera e folle












Donna: né sottomessa né devota, ti voglio bella, libera e folle, questa frase rimane ancora oggi una delle più belle mai pronunciate sul genere femminile. Purtroppo ai giorni nostri è ancora necessario ricordarlo, e non possiamo negare che ci resta ancora molta strada da percorrere affinché tutti comprendano e mettano in pratica questa frase.

Non si tratta di essere uomini o donne, quindi, ma di avere rispetto del mondo e di tutte le persone che lo abitano. Lasciamo da parte gli stereotipi che portano a pensare che una donna debba solo sfruttare il proprio corpo, ignorare i suoi bisogni e sacrificarsi per gli altri fino all'esaurimento.

È essenziale smettere di alimentare l'idea della donna come persona che deve compiacere gli altri, senza aspettative né bisogni personali. Dobbiamo riprendere in mano la nostra identità, toglierci quella maschera che a volte indossiamo da sole, e rivendicare il nostro diritto a vivere la nostra vita come meglio crediamo.


La donna non sottomessa, lontana dal dominio


Come sostiene la scrittrice spagnola Alicia Giménez Bartlett, le donne d'oggi non hanno bisogno di nessuno che le assecondi. Ma la verità è che essere donna in un mondo che a volte sembra fatto su misura per gli uomini non è sempre facile, perché alcune idee sono radicate dentro di noi e ci fanno cadere nei pregiudizi senza nemmeno rendercene conto.
 
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MA IO DICO CHE

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SENZA SCONTI DI PENA!

SENZA INFERMITÀ MENTALE!

"LAVORI FORZATI

A PANE ED ACQUA

E...

BUTTARE LA CHIAVE"

 
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