27 gennaio per non dimenticare

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-27 Gennaio..
.il giorno della memoria.-

"C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco” c’è un paio di scarpette rosse
... in cima a un mucchio di scarpette infantili a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi di ciocche nere
e castane a Buchenwald servivano a far coperte per soldati
non si sprecava nulla e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni...ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini anche i suoi piedini
li possiamo immaginare scarpa numero ventiquattro
per l’eternità... perchè i piedini dei bambini morti non crescono
c’è un paio di scarpette rosse a Buchenwald
quasi nuove perchè i piedini dei bambini morti
non consumano le suole."♥

Joyce Lussu



Edited by francesina63 - 27/1/2016, 15:35
 
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Il 27 gennaio del 1945 furono abbattuti i cancelli di Auschwitz da parte dell'Armata Rossa. Dal 2000, quella data viene ricordata ogni anno in quello che stato definito il Giorno della Memoria. Una ricorrenza nata per commemorare, appunto, la Shoah e tutto quello che di disumano ha comportato. Sono infatti oltre sei milioni gli ebrei uccisi a causa del progetto di sterminio nazifascista.

VGIHW



Nei campi trovano la morte oltre 3 milioni di ebrei (che tra fucilati e morti nei ghetti diventano circa 6 milioni), 3.300.000 prigionieri di guerra sovietici (anche sugli slavi piomba la politica di annientamento), 1 milione di oppositori politici, 500.000 zingari Rom (Porajamos = distruzione nel linguaggio Romanès), circa 9.000 omosessuali, 2.250 testimoni di Geova oltre a 270.000 morti tra disabili e malati di mente.

Anche il testo dell'articolo 1 della legge italiana definisce così le finalità del Giorno della Memoria:

«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.»

aJMwQ



Il Giorno della Memoria, secondo lo spirito della legge che ha istituito questa giornata, non deve essere solo un evento commemorativo, ma anche e soprattutto un evento culturale e didattico che valga come monito alle future generazioni perché mai più si ripeta che l'Italia e non solo, in aperta contraddizione con le sue tradizioni di libertà e di umanità, si trasformi, come è avvenuto dal 1938 al 1945, in uno Stato persecutore di quei suoi stessi figli che coraggiosamente, lealmente, con dedizione e con altruismo avevano versato il proprio sangue sia nelle guerre d'Indipendenza che nel Primo conflitto mondiale.



4Zvaw



Fonte:
3bmeteo.com


Edited by francesina63 - 26/1/2022, 17:55
 
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È importante aggiungere più vita agli anni, non più anni alla vita.

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27 gennaio 2013 giorno della memoria




l 27 gennaio si celebra la giornata della memoria, il giorno in cui si commemorano le vittime dell’Olocausto.

Il 27 Gennaio è la data in cui i prigionieri del campo di Auschwitz sono stati liberati dalle truppe sovietiche.

Quelle che seguono sono alcune lettere che dei deportati Italiani hanno scritto durante la loro prigionia. Sono tratte da una raccolta a cura dell’ INSMLI – Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia

In Italia, essendo la nostra nazione alleata alla Germania nazista, sono sorti campi di concentramento come a Bolzano, Fossoli, Carpi.


Mia cara Marianne,correntin cariou Poissy 05/03/1942

Sono le 20,30, sono in una cella isolata per la mia ultima notte : domani mattina saro’ senza dubbio fucilato. Parto con coraggio e fiducia nella vittoria finale. Sii coraggiosa nell’educare la nostra cara figlia. Spero tu abbia ritirato il trimestre al gas. Farai il necessario per ottenere quanto ti è dovuto. Abbraccio molto affettuosamente tutti e due. Non vedo cosa scrivo nella notte. I nostri sacrifici non saranno vani.

correntin cariou Poissy 05/03/1942

Appena qualcuno arriva qui ogni cosa sembra strana.
Come devo coricarmi per terra? No, io non mangerò quella sudicia patata nera
E questa sarà la mia casa? Dio com’è lurida!
Il pavimento è solo fango e sporcizia
e qui io dovrei distendermi come farò senza sporcarmi?
C’è sempre un gran movimento quaggiù e tante tante mosche
ma le mosche non portano le malattie?
Ecco, qualcosa mi ha punto: una cimice forse.
Com’è orribile Terezìn! Chissà quando ritorneremo a casa…
Teddy

(poesia scritta nel 1943 da un bambino internato nel Campo di concentramento di Terezìn di cui si conosce solo il nome)


Lunedì mattina.
Partiamo per la Germania io, mia moglie e mio suocero e Annita avvertite nostro viaggiatore Mieli. Date ogni fine mese £ 600 alla mia portiera e £ 250 a Irma cui rimborserete anche gas e luce. Fate leggere la presente alla Sig.ra Ermelinda. Ignoro se la merce rimarrà requisita. Se potremo venderla ricordatevi che i pezzi del 1º Blocco devono essere venduti proporzionalmente alla merce tipo. Se potete fare il cambio alla Banca di Sicilia fatelo chiamando il sig. Riccardo. Partiamo con fortezza d’animo: certo la compagnia di mio mio suocero in quelle condizioni mi sgomenta. Fatevi forza come ce la facciamo noi. Un abbraccio a tutti

Lione

Lionello alatri Auschwitz 18.10.1943


Cara moglie finalmente dopo 14 mesi di inenarrabili stenti subiti ad opera di quelle specie di cannibali della SS posso finalmente darti mie notizie neanche lontanamente tu cara Nerina puoi pensare cosa ho sofferto in questo frattempo; fame freddo botte 12 ore consecutive di lavoro giorno e notte nonché 2 ore di supplemento sull’attenti in mezzo ad un cortile vestiti di roba fatta colla carta sempre pieni di pidocchi che ti torturavano senza alcuna disinfezione e queste sono le nostre peripezie più belle quando verrò a casa vi racconterò cose che non si possono credere se non si vedono coi propri occhi. Ed ora ti confiderò una cosa, non avrei mai creduto di riuscire a vivere dove sono cascati pezzi di uomini ma Giacomino è diventato un altro con grande fervore ho sempre pregato la Madonna di Caravaggio ed ho smesso assolutamente di bestemmiare così anche nei momenti più difficili più tristi del mio calvario m’è sembrato che una forza…..

Giacomo banfi K.L.M. Mathausen, 12-5-1945


Sono nove giorni che siamo sballottati da un punto all’altro viaggiando nelle condizioni più pietose, per raggiungere, forse, Mathausen. Partiti da Roma, martedì, abbiamo fatto tre giornate di treno, con lunghe soste notturne nei binari morti. Disastrosa la sosta nel Brennero, dove con un clima artico si era costretti a stare seduti per terra, ammucchiati nei carri bestiame, gelidi, e dove alcuni compagni ebbero sensazione di congelamento. Arrivammo la sera del 7 a Dakau presso Monaco di Baviera, e incolonnati, con un suolo gelato, dovemmo fare ancora una marcia di otto chilometri (Dakau, triste campo di internamento, è famoso per la campagna giornalistica contro i metodi di sevizie ivi usati). Tre giorni di sosta, alloggiati nel salone dei bagni, dove ci si sdraiava per terra, ma non ci si poteva neppure distendere. La prima sera i guardiani cercarono di terrorizzarci con urli e minacce, chiamandoci ladri e sporchi, e minacciandoci di farci passare la notte, nudi, nel cortile esterno. Schiaffi, calci, scudisciale per un nonnulla. Dopo l’undici, abbiamo ricominciato l’odissea verso ignota, destinazione. Durante la nostra sosta a Dakau, sono giunti una sera una quindicina di italiani, che venivano da altri campi: scheletriti, affamati, alcuni in barella; scena sottoposta ai nostri occhi per scoraggiarci. Ma il nostro morale è sempre alto e la certezza del ritorno sicura. Nella prima notte di viaggio scapparono 55 internati. Io sono insieme con Nucitelli, Forti, Bologna ed altri 23 nostri, tra cui Clementi. Ci portano altrove: te lo diranno a voce. Sto benissimo. Coraggio, conservati sana, perché dobbiamo superare questa grande prova. Ad Anna e Nando chiedo la massimo serietà, e che ti tengano la migliore compagnia. Pare che non ci sia consentito scrivere, ma, ho fede di ritornare, perché ho la coscienza a posto e la volontà di vivere. Ti bacio affetuosamente coi bambini. Tutti i miei saluti cari agli amici, che, san sicuro, non ti abbandoneranno.

Filippo d’agostino Mauthausen gennaio 1944

1-2-45
Lina
se riceverai questa mia vuol dire che sono già partito per la Germania come deportato. Perciò mi rivolgo a te che sei la mamma dei miei bambini per raccomandarteli tanto tanto e avvisali assieme ai miei genitori di questa mia partenza. Ti raccomando aiutali nel più possibile che al mio ritorno che spero dia vicino ti sarò riconoscente. Avvisa pure i miei ti raccomando e se per caso e destino non ritornassi saprai tu il dovere che ti spetta. Il morale mio è alto perché spero che sarà per poco. Baciami forte forte i miei piccoli e dille che preghino tanto per il suo papà. Ti ringrazio e ti sarò riconoscente e esaudisci questa mia preghiera. Ciao

Tullio

Arrivederci piccoli miei e pregate per il vostro papà che vi ricorda sempre Mamma e papà perdono e arrivederci presto saluti a tutti i fratelli

tullio degasperi Tradotta ferroviaria per Mauthausen 01/02/1944

Cara Emma,
sapessi quanto soffro di non poter abbracciare i tuoi figli cerca sempre non farmi dimenticare da loro fammi sapere notizie del babbo e mi raccomando di tua sorella non ho altro da dirti, baciami e abbraccia i tuoi e tuo marito per conto mio saluti a te e tutti

Lello

Samuele de castro

auschwitz 1945


Titti mia adorata. Sto assai bene. Non ti preoccupare per me che lavoro e non faccio che pensarvi. riguardo. Fai che le mie [Tittusse] mi ricordino. Prega sempre come faccio io. Ricordami a tutti. Vi abbraccio tutte tre il vostro Titti.

eros lo franco Melk (austria) 1/9/44

Carissima Hildegard!
Dal 14 novembre mi trovo nella prigione di carcerazione preventiva a Danzica, la bella e antica città del Baltico, dove ha anche sede il tribunale delle SS da cui dipende Konitz. Il 12.11, quando ero ancora a Konitz, ti ho confermato l´arrivo della tua pasta ricevuta fino a quella data. Durante l’interrogatorio del 17.11 il giudice mi consegnò una tua lettera e una tua cartolina, come pure una lettera di Franzl; durante l’interrogatorio del 2.12 le tue lettere del 22 ottobre e del 12 novembre, la tua cartolina del 22 ottobre, una lettera di Mariedl del 26.10 e una lettera di (don) Hugo Nicolussi del 17.11. Una o due delle tue lettere le ha trattenute, come pure una lettera di Mariedl, perché secondo lui contenevano tentativi di influenzarmi, cosa non ammessa allo stato attuale dell’istruttoria. Dietro richiesta dei giudice ti prego anche di tralasciare nelle tue lettere allusioni alla “mentalità prussiana”, ai “corsi ultra accelerati” e simili punte polemiche. Lettere di questo tipo non mi possono essere consegnate e così perdo anche le notizie di casa che attendo tanto ansiosamente. Non posso ancora dirti quando si deciderà la mia sorte e ti prego di pazientare. Dio, il Padre che, pieno di amore, veglia su di noi sempre e ovunque, non ci abbandonerà. L’amore e la fiducia che le tue lettere esprimono mi hanno veramente rinfrancato il cuore e posso solo ringraziarti di cuore. I limiti di spazio consentitimi mi impediscono di risponderti più dettagliatamente. Quando hai l’occasione, ti prego di ringraziare a nome mio Mariedl e, attraverso di lei, Franzl e don Hugo. Per intanto scriverò solo a te, fino a quando la corrispondenza è così limitata e ti prego di salutare sempre tutti i nostri parenti e conoscenti. Con tutto il mio amore, in fedeltà Peppi.

Josef Mayr Nusser Danzica, 5.12.1944

Mamma e papà, io mi trovo in un campo di lavoro, qui, come il solito, sano e sereno. Spero lo stesso anche di voi: in buona salute, sereni, fiduciosi. Voi siete la mia ansia. Voi e gli amici e il profumo della mia terra, il mio anelito, la mia certezza. Ora io lavoro come interprete: così posso servire a qualche cosa. Vi prego di farmi avere vostre notizie. Bacio con cuore ardente voi e lo zio e tramite voi saluto il Ghislieri e gli amici – Arrivederci

Teresio Olivelli, Hersbruck 8/10/1944


19-10 Ferraragiorno della memoria 27 gennaio

Prego caldamente avvertire l’ing. Ermanno Tedeschi che è passato di qui in tradotta, suo fratello deportato in Germania. Spera essere lui solo – che avverta i miei cari

Arrigo tedeschi, stazione di ferrara 19/10/1943

Fonte:
vitadadonna.com


Edited by francesina63 - 27/6/2018, 21:07
 
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ASxSIUg

Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpiterle nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi


DWSpsco



Edited by francesina63 - 18/1/2023, 21:31
 
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Si celebra oggi in tutto il mondo il Giorno della memoria.
Si ricordano i milioni di ebrei deportati dai nazisti,
a settant'anni dalla scoperta dell'Olocausto.
Arbeit macht frei (che in tedesco significa:
"Il lavoro rende liberi")
era il motto posto all'ingresso di numerosi campi
di concentramento nazisti
durante la seconda guerra mondiale.


MEMORIA
 
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L'obiettivo della Giornata della Memoria è quello di mantenere vivo il ricordo della Shoah. Quale modo migliore se non ripercorrere la storia di una giovane vittima,

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Anna Frank



che ha raccolto la sua esperienza in un diario, iniziato a scrivere all'età di appena 13 anni, mentre, assieme ad altre 17 persone, è costretta a nascondersi per sfuggire ai nazisti.

Spero che ti potrò confidare tutto,
come non ho mai potuto fare con nessuno,
e spero che sarai per me un gran sostegno.

ANNA FRANK 12 Giugno 1942



Così inizia il diario di Anna Frank il 12 giugno 1942. È il giorno del suo tredicesimo compleanno e il diario è un regalo, che lei chiama Kitty, perché non ha una vera amica e ha l’esigenza di confidare i suoi pensieri a qualcuno che l’ascolti. La famiglia, ebrea, è costretta ad emigrare dalla Germania fino in Olanda, ad Amsterdam, per sfuggire alle persecuzioni scatenate dalle leggi razziali di Hitler.

« "la gioventù, in fondo è più solitaria della vecchiaia."
Questa massima che, ho letto in qualche libro mi è rimasta
in mente e l’ho trovata vera; è vero che qui gli adulti
trovano maggiori difficoltà che i giovani?
No, non è affatto vero.
Gli anziani hanno un’opinione su tutto,
e nella vita nono esitano più prima di agire.
A noi giovani costa doppia fatica mantenere le nostre opinioni
in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto,
in cui gli uomini si mostrano dal loro lato peggiore,
in cui si dubita della verità, della giustizia e di Dio.
Chi ancora afferma che qui nell’alloggio segreto gli adulti
hanno una vita più difficile, non si rende certamente conto
della gravità e del numero di problemi che ci assillano,
problemi per i quali forse noi siamo troppo giovani,
ma ci incalzano di continuo sino a che, dopo lungo tempo,
noi crediamo di aver trovato una soluzione;
ma è una soluzione che non sembra capace di resistere ai fatti,
che la annullano.
Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni,
le splendide speranze non sono ancora sorti in noi
che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà.
È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze
perché esse sembrano assurde e inattuabili.
Le conservo ancora, nonostante tutto,
perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo.
Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte,
della miseria, della confusione.
Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto,
odo sempre più forte il rombo l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure,
partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo,
penso che tutto volgerà nuovamente al bene,
che anche questa spietata durezza cesserà,
che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità.
Intanto debbo conservare intatti i miei ideali;
verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.»

Anna Frank, op. cit. , 15 luglio 1944, pp 268-268.



Così scrive Anna, pochi giorni prima che i tedeschi irrompano nell’alloggio segreto, dopo due anni di "semi-prigionia" , dal 9 luglio ’42 al 4 agosto ’44. È’ una riflessione che contrappone i giovani agli adulti e mette in evidenza la maturità raggiunta dalla quindicenne Anna, consapevole in quanto sia terribile, per chi è ancora in formazione vivere in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto, dover rinunciare agli ideali e ai sogni proprio nell’età in cui cominciano a delinearsi.

Il 1° agosto 1944 è la data dell’ultima pagina del diario di Anna dove lei è combattuta fra le due sue metà: una esuberante, allegra, con la tendenza a prendere tutto alla leggera e l’altra più bella, più pura, più profonda, più sensibile, che lei ha mostrato solo a Kitty. Il diario di Anna si conclude qui, ma la sua vita e quella degli altri no. Vengono scoperti dalla Gestapo il 4 agosto e vengono deportati in vari campi di concentramento tra cui Auschwitz. Anna muore nel marzo ’45, di tifo, nel campo di concentramento di Bergen Belsen, circa tre settimane prima dell’arrivo delle truppe inglesi.

ll Diario di Anna Frank, da lei tenuto in forma di lettere a un'amica immaginaria, Kitty, salvato dal saccheggio e pubblicato col titolo Het Achterhuis ("La retrocasa"), divenne presto famoso e fu tradotto in molte lingue (in italiano, 1954); è stato anche adattato per il teatro e il cinema. Ad Amsterdam esiste anche un museo interamente dedicato a questa ragazza.


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Fonti:
huffingtonpost.it - digilander.libero.it


Edited by francesina63 - 9/9/2017, 21:10
 
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shoah_per_non_dimentare_27_gennaio

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Il Tempo della Memoria

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Sento ritornare nel vento
urla di bambino
innocui sguardi persi nel gelo
sopra un vetro appannato
e le parole aggrappate le une alle altre
per non disperdersi
a scrivere interminabili righe
lungo i muri glabri delle baracche.

Il reticolato odora di ruggine e sangue
di mani protese
aperte a raccogliere l'ultima luce
d'un sole magro e dilavato.

Questo male che distrugge di dentro
la pietà di un Dio emarginato
impotente nelle camere a gas,
un Dio che muore, insieme, in un mucchio di ossa crocifisse.

Non nascono rose
nei lager dei deportati;
il silenzio dei campi ha il suono del metallo
corrusco.
Gli strazi non hanno pace, né tempo,
neppure reclamano vendetta
ma memoria, quella sì,
eterna.

Franco Guidoni


candela137



Edited by francesina63 - 9/9/2017, 21:10
 
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Auschwitz per non dimenticare




I bambini dell’Olocausto


Questo testo è tratto da Olocausto (1975) un poemetto di Charles Reznikoff, completato poco prima di morire. Reznikoff (1894-1976) è stato uno dei massimi esponenti del cosiddetto oggettivismo. L’intero poemetto è stato pubblicato nel 2014 dalla casa editrice Benway Series nella traduzione di Andrea Raos.

Bambini

1
Una volta, tra i convogli, ce ne fu uno di bambini – due treni merci
pieni.
I giovani che selezionavano gli averi di quelli portati alle camere a gas
dovettero spogliare i bambini – erano orfani –
e poi condurli al “Lazarette”.
Lì le SS li fucilarono.

2
All’ospedale arrivò un grosso camion a otto ruote
su cui c’erano dei bambini;
sui due rimorchi – camion scoperti – c’erano donne malate e uomini
sdraiati sul fondo.
I tedeschi buttavano i bambini nei camion
dal primo piano e dai balconi –
bambini da uno a dieci anni;
li buttavano nei camion sopra i malati.
Alcuni bambini cercavano di attaccarsi ai muri,
graffiavano i muri con le unghie;
i tedeschi però gridavano
e picchiavano i bambini e li spingevano verso le finestre.

3
I bambini arrivarono al campo con degli autobus,
sorvegliati da gendarmi del governo francese di Vichy.
Gli autobus si fermarono al centro del cortile
e tutti i bambini furono tirati giù in fretta
per lasciare spazio agli altri autobus che arrivavano.
Spaventati ma tranquilli,
i bambini scesero in gruppi da cinquanta o sessanta fino a ottanta;
i più piccoli stavano attaccati ai più grandi.
Furono portati di sopra, in stanzoni vuoti,
senza mobili,
ma solo sacchi di paglia sporca sul pavimento, pieni di scarafaggi;
bambini piccoli, anche di due, tre o quattro anni,
tutti sporchi e laceri, perché avevano già passato due o tre settimane in altri campi
senza nessuno che si occupasse di loro;
e ora erano diretti a un campo di sterminio in Polonia.
Alcuni avevano una scarpa sola.
Molti avevano la diarrea
ma non avevano il permesso di andare in cortile
dove c’erano i gabinetti;
e, benché ci fossero vasi da notte nei corridoi di ciascun piano,
erano troppo larghi per i bambini più piccoli.

Anche le donne che erano deportate nel campo
e che stavano per essere condotte in altri campi
erano in lacrime;
dovevano alzarsi prima dell’alba
e andare nelle camerate dove stavano i bambini –
da cento a centoventi in ognuna –
per sistemare i vestiti dei bambini;
le donne però non avevano né sapone per pulire i bambini,
né biancheria pulita da dargli,
solo acqua fredda con cui lavarli.
Quando arrivava la zuppa per i bambini,
non c’erano cucchiai;
ed era servita in tazze di latta,
a volte però le tazze di latta erano troppo calde perché i bambini
potessero tenerle in mano.

Dopo le nove, nessuno – tranne tre o quattro che avevano un permesso – poteva stare con i bambini.
A quel punto ogni stanzone era immerso nel buio,
tranne una lampadina dipinta di blu secondo le istruzioni sull’oscuramento.
Di notte, i bambini si svegliavano
chiamando la mamma,
e allora si svegliavano a vicenda,
e a volte tutti nella stanza cominciavano a piangere
fino a svegliare anche i bambini nelle altre stanze.

Una volta un visitatore fermò uno dei bambini:
un ragazzino di sette o otto anni, bello, sveglio e allegro.
Aveva una scarpa sola e l’altro piede era nudo,
e il suo cappotto di buona qualità non aveva bottoni.
Il visitatore gli chiese come si chiamava
e poi cosa facevano i suoi genitori;
e lui disse: “Mio padre lavora in ufficio
e mia madre suona il pianoforte”.
Poi lui chiese al visitatore se presto avrebbe raggiunto i genitori –
ai bambini dicevano sempre che di lì a poco sarebbero partiti per raggiungere i genitori –
e il visitatore rispose: “Certo. Tra un giorno o due”.
Allora il bambino estrasse dalla tasca
un mezzo biscotto dell’esercito che gli era stato dato al campo
e disse: “Questa metà la tengo per la mamma”;
e a quel punto il bambino che era stato così allegro
scoppiò in lacrime.

4
Altri bambini, anche loro separati dai genitori,
arrivarono con degli autobus,
e furono fatti scendere nel cortile del campo –
un cortile circondato da filo spinato
e sorvegliato da gendarmi.
Il giorno della partenza per il campo di sterminio
furono svegliati alle cinque del mattino.
Nervosi, mezzo addormentati, la maggior parte di loro si rifiutò di
alzarsi e di scendere in cortile.
Delle donne – volontarie francesi, perché erano ancora in Francia – sollecitavano con gentilezza i bambini a obbedire – bisogna! – e a sgombrare gli stanzoni.
Nonostante questo, molti non volevano abbandonare i sacchi di paglia
su cui dormivano
e a quel punto entrarono i gendarmi,
e presero in braccio i bambini;
i bambini strillavano impauriti,
lottavano e cercavano di aggrapparsi l’uno all’altro.

5
Alcune sorveglianti della sezione femminile del campo di concentramento
mettevano sui camion i bambini piccoli perché venissero portati nelle camere a gas
e anche se per calmarli le sorveglianti cercavano di dargli delle
caramelle,
i bambini gridavano e piangevano: “Mamma, mamma”.



Edited by francesina63 - 17/1/2023, 16:22
 
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Fotografia aerea alleata del campo di Birkenau eseguita il 25 agosto 1944



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Qualcuno ci dice…

– Ma c'è ancora bisogno di ricordare la Shoah?

Tanto ormai è notissima ed è passato tanto tempo! -



In una società come la nostra, così pervasa da

ignoranza, inciviltà, razzismo, bassi istinti e violenza,

serve eccome…


ma non solo come ricordo

bensì anche e soprattutto per tener alta la guardia

al fine di evitar la rinascita di pseudo-culture vili e violente

che vedono negli ebrei e nei diversi di ogni genere

la colpa di tutto… soprattutto in questi momenti di crisi.


SHOAH


PENSIERI.. POESIE.. IMMAGINI..
OPERE D'ARTE E…
PER NON DIMENTICARE


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Sono dunque passati 70 anni da quel giorno
ma l'immensità dell'orrore non può cadere nell'oblio.

Prima di dar un mio modesto contributo alla memoria
di questa storica giornata desidero
esprimere qualche piccolo pensiero personale.


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Quello che più mi rattrista ed indigna è che
quanto accaduto è stato un frutto diabolico
di quella che riteniamo, e giustamente,
la nostra grande civiltà europea…


Aggiungo poi che oggi,
da varie parti in Italia e nel mondo
c'è il tentativo di crear un confuso calderone
e così mischiando le carte
non riconoscere e/o sminuire l'immensa vergogna…
per tutto il genere umano…
di questo genocidio…


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Ci sono poi anche i negazionisti…
che non solo offendono la memoria delle vittime…
ma anche la realtà… la storia e la nostra intelligenza.


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Due poesie molto belle e significative

SE QUESTO E’ UN UOMO

Primo Levi


«Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi, alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi».


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C’E’ UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE
Joyce Lussu

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora
la marca di fabbrica
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perchè i piedini dei bambini morti
non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perchè i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.


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2 opere d'arte dedicate all'orrore umano

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Edvard Munch – L’urlo

David Olère – Camera a gas

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Anna Frank

E' un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze

perché esse sembrano assurde e inattuabili.

Le conservo ancora, nonostante tutto,

perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo.

Anna Frank


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Edited by francesina63 - 26/1/2024, 22:09
 
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La paura

Poesia di Eva Picková


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Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,
un male crudele che ne scaccia ogni altro.
La morte, demone folle, brandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.

Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stesso trovare la morte.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.
Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!

Eva Picková nata nel 1931, aveva dodici quando è morta nel 1943.


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Infanzia miserabile

Poesia di Zanus Zachenburg


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Infanzia miserabile, catena
che ti lega al nemico e alla forca.
Miserabile infanzia, che dentro il suo squallore
già distingue il bene e il male.
Laggiù dove l’infanzia dolcemente riposa
nelle piccole aiuole di un parco
laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
quando su me è caduto il disprezzo:
laggiù, nei giardini o nei fiori
o sul seno materno,
dove io sono nato per piangere...
Alla luce di una candela m’addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno.

Zanus Zachenburg 1929.19. luglio – Auschwitz 1943. 18. dicembre


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