27 gennaio per non dimenticare

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GIORNO DELLA MEMORIA: 27 GENNAIO 1945

La data del giorno della memoria è il 27 gennaio, giorno della liberazione dei prigionieri di Auschwitz, data simbolo della Shoah. E dell'orrore da non dimenticare. Ricordare. Ricordare. Ricordare. Non arrendersi all'oblìo. Al potere anestetizzante degli anni che passano. A sessant'anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, dove tra il 1942 e il 1945 trovarono la morte circa un milione e mezzo di esseri umani, uomini, donne, bambini, per il novanta per cento ebrei (ma non dobbiamo dimenticare le migliaia di vittime tra gli zingari, gli omosessuali, gli oppositori politici), rimane attuale l'imperativo di Primo Levi, il grande scrittore torinese morto suicida nel 1986, lui che era sfuggito alla morte sopravvivendo proprio ad Auschwitz.


Edited by francesina63 - 27/6/2018, 21:12
 
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KZ_Mauthausen



Edited by francesina63 - 27/6/2018, 21:13
 
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27 Gennaio 2019

Giorno della memoria

per non dimenticare


divisore_shoah_filo_spinato_0

Aprile

divisore_shoah_filo_spinato_0

Prova anche tu,

una volta che ti senti solo

o infelice o triste,

a guardare fuori dalla soffitta

quando il tempo è così bello.

Non le case o i tetti, ma il cielo.

Finché potrai guardare

il cielo senza timori,

sarai sicuro

di essere puro dentro

e tornerai

ad essere Felice.

******

Dal diario di

Anne Frank


divisore_shoah_filo_spinato_0

Tratto da:

Fino a quando la mia stella brillerà


divisore_shoah_filo_spinato_0

“Ad Auschwitz superai la selezione per tre volte.
Quando ci chiamavano sapevamo che era per decidere
se eravamo ancora utili e potevamo andare avanti,
o se eravamo vecchi pezzi irrecuperabili.
Da buttare. Era un momento terribile.
Bastava un cenno ed eri salvo,
un altro ti condannava.
Dovevamo metterci in fila, nude,
passare davanti a due SS e a un medico nazista.
Ci aprivano la bocca,
ci esaminavano in ogni angolo del corpo
per vedere se potevamo ancora lavorare.
Chi era troppo stanca o troppo magra,
o ferita, veniva eliminata.
Bastavano pochi secondi agli aguzzini per capire
se era meglio farci morire o farci vivere.
Io vedevo le altre, orrendi scheletri impauriti,
e sapevo di essere come loro.
Gli ufficiali e i medici erano sempre eleganti,
impeccabili e tirati a lucido,
in pace con la loro coscienza.
Era sufficiente un cenno del capo degli aguzzini,
che voleva dire “avanti”, ed eri salva.
Io pensavo solo a questo quando ero lì, a quel cenno.
Ero felice quando arrivava,
perché avevo tredici anni, poi quattordici.
Volevo vivere.
Ricordo la prima selezione.
Dopo avermi analizzata il medico notò una cicatrice.
«Forse mi manderà a morte per questa…»
pensai e mi venne il panico.
Lui mi chiese di dove fossi e io con un filo di voce ma,
cercando di restare calma,
risposi che ero italiana. Trattenevo il respiro.
Dopo aver riso, insieme agli altri,
del medico italiano che mi aveva fatto quella orrenda cicatrice,
il dottore nazista mi fece cenno di andare avanti.
Significava che avevo passato la selezione!
Ero viva, viva, viva!
Ero così felice di poter tornare nel campo
che tutto mi sembrava più facile.
Poi vidi Janine.
Era una ragazza francese,
erano mesi che lavoravamo una accanto all’altra
nella fabbrica di munizioni.
Janine era addetta alla macchina che tagliava l’acciaio.
Qualche giorno prima quella maledetta macchina
le aveva tranciato le prime falangi di due dita.
Lei andò davanti agli aguzzini, nuda,
cercando di nascondere la sua mutilazione.
Ma quelli le videro subito le dita ferite
e presero il suo numero tatuato sul corpo nudo.
Voleva dire che la mandavano a morire.
Janine non sarebbe tornata nel campo.
Janine non era un’estranea per me,
la vedevo tutti i giorni,
avevamo scambiato qualche frase,
ci sorridevamo per salutarci.
Eppure non le dissi niente.
Non mi voltai quando la portarono via.
Non le dissi addio.
Avevo paura di uscire dall’invisibilità
nella quale mi nascondevo,
feci finta di niente e ricominciai
a mettere una gamba dietro l’altra e camminare, pur di vivere.
Racconto sempre la storia di Janine.
È un rimorso che mi porto dentro.
Il rimorso di non aver avuto il coraggio di dirle addio.
Di farle sentire,
in quel momento che Janine stava andando a morire,
che la sua vita era importante per me.
Che noi non eravamo come gli aguzzini ma ci sentivamo,
ancora e nonostante tutto, capaci di amare.
Invece non lo feci.
Il rimorso non mi diede pace per tanto, tanto tempo.
Sapevo che nel momento in cui non avevo avuto il coraggio
di dire addio a Janine, avevano vinto loro,
i nostri aguzzini,
perché ci avevano privati della nostra umanità
e della pietà verso un altro essere umano.
Era questa la loro vittoria,
era questo il loro obiettivo:
annientare la nostra umanità.”

Liliana Segre

Senatrice a Vita


giorno_della_memoria_rosa_e_filo_spinato



Edited by francesina63 - 8/11/2019, 14:23
 
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Auschwitz-830x625

Tatiana Bucci aveva pochi anni quando è stata deportata con la sua sorellina Andra. Oggi è convinta che raccontare l’Olocausto ai ragazzi sia la migliore garanzia perché l’orrore non ritorni mai più

Quando ripenso a Birkenau la prima cosa che vedo è il camino del forno crematorio. Sputava fiamme e fumo notte e giorno e la nostra blockova (si chiamavano così le sorveglianti) ci diceva che da quel camino uscivano le anime. E a me e a mia sorella Andra, che avevamo 6 e 4 anni, andava bene così. La morte era una tranquilla certezza del perimetro della nostra realtà, che, in quanto ebree, credevamo non potesse essere che quella di Birkenau. C’erano i sassolini con cui giocare e i cumuli di cadaveri attorno a cui correre.

C’eravamo io e Andra, sempre attaccate l’una all’altra, come per proteggerci. E ci sembrava perfettamente naturale non vedere più la mamma. O patire costantemente il freddo. In altre parole, avevamo costruito un senso di normalità per difenderci dall’orrore. Non ricordiamo di aver mai provato paura, forse perché così piccole non sapevano cosa fosse la morte. Eppure mia sorella ha iniziato a fare pipì a letto dalla prima notte a Birkeanu e ha smesso di farla il giorno della liberazione.

Io e Andra siamo tra i pochissimi bambini usciti vivi dallo sterminio, dobbiamo ringraziare la fortuna per questo
Le selezioni che le guardie naziste facevano periodicamente tra noi piccoli, erano ogni volta un bivio tra la vita e la morte. Dalla prima rampa, appena scese dal treno, dove eravamo nella fila giusta, quella che non era diretta alle camere a gas. Fino a essere assegnate alla baracca con una blockova che ci ha voluto bene e che, per quanto ha potuto, ci ha sempre protette.

A chi oggi mi chiede cos’ho imparato dalla mia prigionia e dalla successiva esperienza da profuga tra Italia e Jugoslavia, rispondo che la vita può cambiare repentinamente e senza un motivo. E che è fondamentale, nel dolore, non rimanere soli e avere qualcuno che ci infonde coraggio.

www.donnamoderna.com/news/societa/...ana-andra-bucci
 
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Mai finirà perchè sei parte dei miei ricordi,parte della mia vita e ciò che mi hai dato,ciò che ti ho dato sempre vivrà!

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Il giorno della Memoria




La Shoah dei bambini



Furono un milione e mezzo i bambini uccisi dal nazifascismo. Alcuni di loro, come Liliana Segre, si sono salvati e sono diventati testimoni dell'orrore.

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Rastrellamento di donne e bambini dal ghetto di Varsavia.



Ebrei, zingari, slavi, disabili: i bambini "indesiderabili" rimasti vittime del III Reich furono almeno un milione e mezzo. Molti morirono nei campi di sterminio, altri nei lager, molti ancora nei ghetti dove la fame e il tifo decimarono migliaia di persone. Chi si salvò, come Elie Wiesel o Liliana Segre - appena nominata senatrice della Repubblica - diventati adulti hanno raccontato e testimoniato l'orrore a cui hanno assistito.

Le condizioni dei bambini non ariani nella Germania nazista si fecero critiche fin dal 1933, quando Hitler salì al potere, ma peggiorarono drasticamente due anni dopo, con la promulgazione delle prime leggi razziali (leggi di Norimberga), copiate poi in Italia anche da Benito Mussolini.

800px-destroyed_ohel_yaaqov_synagogue

Sinagoga di Monaco distrutta durante la Notte dei Cristalli.



Le norme avevano l'obiettivo di arianizzare la società, cominciando proprio dai più piccoli. I bambini "impuri" vennero espulsi dalle scuole, dalle attività sportive e da quelle ricreative, additati come elementi estranei alla società.

In Italia furono più di 4.000 i bambini delle elementari allontanati dalle scuole pubbliche del Regno d'Italia perché ebrei.

In Germania le cose precipitarono con la "notte dei cristalli" (1938) quando per alcuni giorni i negozi, le sinagoghe e le case degli ebrei vennero distrutte in modo scientifico e sistematico, su impulso del ministro della propaganda Goebbels.

Il Fascismo in Italia: la marcia su Roma



bundesarchiv_bild_183-s69279_london_ankunft_jdische_flchtlinge



Dopo la "notte dei cristalli" in Inghilterra nacque il progetto kindertransport che fece arrivare nel Regno Unito quasi 10.000 bambini provenienti dalla Germania nazista e dai territori occupati di Austria, Cecoslovacchia e Danzica. Nella foto l'arrivo di alcuni bambini rifugiati ebrei al porto di Londra (1939).

prima i disabili... Con lo scoppio della guerra (1939) la situazione si aggravò ulteriormente. I primi bambini a pagarne lo scotto furono i minori disabili ("ariani" e non) eliminati nel programma di eutanasia Aktion T4, pianificato per purificare la razza: costò la vita a quasi 7.000 minori "non perfetti" e in varia misura affetti da malattie genetiche o mentali.


shoah in ebraico significa desolazione, catastrofe, disastro



Nel frattempo in tutta l'Europa orientale gli ebrei vennero segregati nei ghetti. Il più famoso è quello di Varsavia, in Polonia: 400.000 ebrei (di cui 100.000 bambini) chiusi in un'area di 3,4 km quadrati. In ogni stanza vivevano in media 7 persone.

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Janusz Korczak, pedagogista ebreo confinato nel ghetto di Varsavia, morto per non abbandonare i bambini del suo orfanatrofio durante il trasferimento al campo di sterminio di Treblinka.



Il cibo scarseggiava, le malattie dilagavano, la pressione psicologica era alle stelle: nel giro di qualche mese dalla sua apertura (1940) si iniziarono a contare i morti per denutrizione e tifo.

In questo inferno in terra ci furono anche storie di disperata umanità. Come quella del professor Korczak, pedagogo e medico polacco che nel ghetto di Varsavia per due anni guidò un orfanatrofio con 200 bambini. Nonostante le condizioni fossero disperate, garantì loro una vita dignitosa. E li accompagnò fino alla morte quando nel 1942 vennero tutti deportati al campo di sterminio di Treblinka.

brundibar_poster_theresienstadt

Poster per la rappresentazione di Brundibár (opera per bambini di un compositore ceco) a Terezín (1943).



il caso Terezin. La sola anomalia (apparente) fu il ghetto di Terezin (a 60 km da Praga). La propaganda lo concepì come un luogo riservato agli ebrei famosi tanto che nel 1944 lo aprì per l'ispezione della Croce Rossa e lo presentò come "il modello" nazista di insediamento per gli ebrei.

Chi fu rinchiuso qui - perlopiù artisti e intellettuali - ebbe una discreta vita culturale, poteva accedere a una biblioteca e i bambini potevano frequentare le scuole autogestite con lezioni quotidiane. Furono molti (15.000) i bambini di Terezin e sono diventati famosi per le testimonianze ritrovate dopo la guerra: poesie e disegni che raccontano la vita nel lager vista con gli occhi di bambini di 5 o 6 anni. Quasi nessuno di loro si salvò: il 90% dei bambini dal 1942 in poi finì nei campi di sterminio.

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Zingari rastrellati per la deportazione. Nei campi di concentramento i bambini e le bambine con più di 12 anni venivano sterlizzati.



L'inferno. Arrivati ai campi di sterminio i bambini sotto i 13 anni che non erano in grado di lavorare, venivano direttamente gassati. E, chi non finiva nelle camere a gas, ucciso con il famigerato Zyklon B, era usato come cavia per esperimenti pseudo scientifici e inviato ad Auschwitz-Birkenau o in altri laboratori della Germania.

Sono tristemente famosi gli esperimenti del dottor Mengele, che ad Auschwitz selezionò un gruppo di bambini (circa 3.000, soprattutto gemelli) come cavie per i suoi studi: ne sopravvissero 200. Anche alcuni bambini di Terezín, nel luglio del 1944, furono selezionati per gli esperimenti.

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Bambini liberati ad Auschwitz con l'arrivo dell'Armata Rossa.




Il miracolo di Buchenwald.
Nel campo di concentramento di Buchenwald avvenne invece un miracolo. Qui 904 bambini si salvarono grazie alla solidarietà di alcuni prigionieri, che li protessero fino al giorno della liberazione. Molti dei kapò erano stati infatti reclutati tra i prigionieri politici comunisti e questo favorì la solidarietà a favore dei minori.

Finita la guerra i bambini vittime dell'Olocausto erano un milione e mezzo (circa un milione erano ebrei). Ci furono (rari) casi di bambini ebrei che riuscirono a sfuggire al loro tragico destino di morte trovando rifugi di fortuna o vivendo con una falsa identità in orfanatrofi o in istituti religiosi compiacenti. Altri si salvarono dallo sterminio uscendo illesi dai lager. Tra i piccoli sopravvisuti molti hanno raccontato il loro personale orrore quotidiano e ben 5 di loro sono diventati premi Nobel.

Dai lager al Nobel. È il caso del fisico teorico belga François Englert (Nobel per la fisica nel 2013), sopravvissuto negli anni della guerra con una falsa identità in un orfanatrofio; del chimico e scrittore Roald Hoffmann (Nobel per la chimica nel 1981), che riuscì a fuggire con la madre da un campo di concentramento nel 1939; dello psicologo Daniel Kahneman (Nobel per l'economia nel 2002), che visse in clandestinità fino al 1945; dello scrittore Imre Kertész (Nobel per la letteratura nel 2002), fu deportato quindicenne ad Auschwitz e poi trasferito a Buchenwald, dove fu liberato nel 1945.

E come Elie Wiesel scrittore e premio Nobel per la pace 1986, che nel suo libro La notte raccontò la sua personale esperienza di superstite.


"Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. (...) Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai".


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focus.it

Edited by francesina63 - 26/1/2024, 22:19
 
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Foto mie di questa estate

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27 Gennaio 2020

Giorno della memoria

per non dimenticare

divisore_shoah_filo_spinato_0

liliana_segre

Frasi di

Liliana Segre

superstite dell'Olocausto


divisore_shoah_filo_spinato_0

“Nel 1944, quando fummo deportati a Birkenau,
ero una ragazza di quattordici anni,
stupita dall'orrore e dalla cattiveria.
Sprofondata nella solitudine,
nel freddo e nella fame.
Non capivo neanche dove mi avessero portato:
nessuno allora sapeva di Auschwitz.”

27_gennaio_giorno_della_memoria


“Prima, durante e dopo la mia prigionia
mi ha ferito l'indifferenza
colpevole più della violenza stessa.
È l'apatia morale di chi si volta dall'altra parte:
succede anche oggi verso il razzismo
e altri orrori del mondo".

27_gennaio_giorno_della_memoria

"Coltivare la Memoria è ancora oggi
un vaccino prezioso contro l'indifferenza e ci aiuta,
in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze,
a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza
e la può usare.”
27_gennaio_giorno_della_memoria

“Non mandate i figli in gita ai campi di sterminio.
Lì si va in pellegrinaggio.
Sono posti da visitare con gli occhi bassi,
meglio in inverno con vestiti leggeri,
senza mangiare il giorno prima,
avendo fame per qualche ora.”


olocausto_rosa_rossa

 
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PER NON DIMENTICARE LA FEROCIA DI QUEI PAZZI TEDESCHI


AUSCHWITZ CAMPO DI STERMINIO DI INNOCENTI 27 GEN 1945


ZZ45A


ZZ45B


ZZ45C


ZZ45D


ZZ45E


ZZ45F


ZZ45G


memoria1

 
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Edited by francesina63 - 26/1/2022, 17:53
 
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