Le Meduse

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view post Posted on 22/4/2013, 16:35     +1   -1
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Le Meduse



Le Meduse non sono pesci. Sono in realtà invertebrati, il che significa che non hanno una spina dorsale. La medusa è costituita dal 95% di acqua. Le Meduse sono invertebrati marini appartenenti alla classe Scifozoi, appartenente a sua volta il phylum Cnidari. Il corpo di una medusa adulta è composto da una una sostanza gelatinosa a forma a campana, che racchiude la sua struttura interna, da cui si estendono i tentacoli.

Le meduse sono presenti in tutti gli oceani del pianeta, vivono sia in superficie che nelle acque più profonde, alcune specie riescono addirittura a sopravvivere in laghi d'acqua dolce. Esistono circa 1.500 specie conosciute di medusa e ogni giorno ne vengono scoperte di nuove. Questi animali esistono sulla Terra da più di 650 milioni di anni, il che le rende più antiche dei dinosauri! Di tutte le specie di medusa esistenti, solo 70 sono davvero pericolose per l'uomo.

Le Meduse esistono in tutte le forme e in colori diversi e variano nel formato da 3 millimetri a 3 metri di diametro. Anche se spesso appaiono chiaro o pallido colore bluastro, le Meduse possono anche essere di colore giallo, azzurro, arancione, viola, lilla pallido, brillante, rosso scuro. Alcune Meduse, quando sono disturbate di notte, emettono una luce fredda brillante chiamata luminescenza.

Le Meduse sono costituite da uno strato di epidermide, gastroderma e uno spesso strato gelatinoso chiamato mesoglea che separa l'epidermide dal gastroderma.

Le Meduse vivono nell'oceano. Vanno alla deriva in balia delle correnti, e spesso si fermano nelle baie riparate e negli estuari. Le Meduse nuotano in un modo insolito, con un’azione di pompaggio. Contraggono i muscoli del loro corpo e li spingono attraverso l'acqua. Questo non fa altro che permettere loro di spostarsi verso l'alto o verso il basso in acqua. Tuttavia, le meduse a scatola sono grandi nuotatrici potenti con un buon controllo e velocità.

A seconda del numero e la lunghezza dei tentacoli, le meduse si nutrono in vari modi. La maggior parte di esse cattura il cibo con i loro tentacoli e quindi questo viene portato alla bocca, che si trova nel centro del corpo a forma di campana. Alcune meduse mangiano piccoli crostacei e pesci, piccoli organismi planctonici e alcune contengono alghe coralline che hanno nei loro tessuti, che producono cibo attraverso la fotosintesi.

Se non siete mai stati punti da una medusa, allora siete molto fortunati in quanto hanno una puntura dolorosa e alcuni possono anche essere mortali. I tentacoli di una medusa sono coperti da cellule urticanti (cnidocisti) che pungono e uccidono gli altri animali: la maggior parte delle meduse li utilizzano per stordire la preda o come meccanismo di difesa. Altre, come le Rizostoma, non hanno alcun tentacolo.

Incubo estivo per molti bagnanti. Il toto-medusa scatta puntuale ogni anno, tra maggio e giugno: questa volta ce ne saranno tante? E sono pericolose? La risposta è secca: le meduse nel Nord Adriatico stanno aumentando. Ma niente panico: nessuna di quelle che vanno a zonzo dalle nostre parti è neuro-tossica, cioè potenzialmente letale o molto pericolosa per l'uomo. La cosa peggiore che ci possa accadere è un'ustione alla pelle, da far medicare in ospedale.

Meduse in aumento

Questi organismi gelatinosi sono in aumento nel Mediterraneo. I motivi sono tanti, come l'innalzamento della temperatura del mare e la pesca eccessiva, che incide sullo sviluppo degli organismi marini. Ma ce ne sono anche altri, come spiega Paola Del Negro, ricercatrice del dipartimento di Oceanografia dell’Ogs: «Le meduse hanno una limitata autonomia di movimento e vengono trasportate dalle correnti. I loro spostamenti sono in parte dovuti alla casualità, e comunque esistono dei cicli». Per capirci, se la presenza delle meduse anche nel Nord Adriatico negli ultimi anni si è fatta più intensa, ciò non significa che l'aumento sarà costante.

Nell’Adriatico

Nel Mediterraneo le meduse appartengono alla famiglia delle Scifomeduse e non sono pericolose come quelle individuate in specifiche aree oceaniche. Nella peggiore delle ipotesi possono essere dermo-tossiche, ovvero ustionare la pelle, ma non neuro-tossiche. Di base nell'Adriatico troviamo tutte le meduse tipiche del Mare Nostrum, fatta eccezione per alcune nuove specie arrivate solo di recente nel Mediterraneo meridionale attraverso Suez e Gibilterra. Concentrando l'attenzione in particolare sull'Adriatico, le specie più presenti sono quattro. La Rhizostoma pulmo (la cosiddetta "bota marina"), inoffensiva. Si tratta di meduse non urticanti che pullulano anche nel golfo di Trieste, dove "risiedono" tutto l'anno. Tra le meduse da non temere c'è anche la Aurelia aurita, non urticante, con un "decoro" sull'ombrello che ricorda il numero otto. Predilige le acque fresche, quindi è tipica del periodo primaverile: quando la temperatura del mare comincia a salire, verso giugno, fa i bagagli e se ne va a cercare un po' di refrigerio altrove. Salendo nella scala della pericolosità troviamo la Chrysaora hysoscella, lievemente dermo-tossica. Meglio non imbattersi in una Pelagia noctiluca, decisamente dermo-tossica, che si può aggirare dalla nostre parti anche in estate, perché ama le acque calde.

La ricerca scientifica

Cogliere i segreti delle meduse non è per niente semplice. «Solo poche specie riescono a sopravvivere nelle vasche, seppure molto grandi - spiega ancora la ricercatrice Paola Del Negro -. Inoltre, la stessa raccolta risulta complessa: sono esseri fragili e tendono a rompersi. Quindi negli ultimi anni la ricerca si è spinta verso forme nuove di avvicinamento e studio di questi organismi. Molto innovative e interessanti, ad esempio, sono le tecniche che si basano sui prelievi genetici e quelle che partono dai rilevamenti acustici, basandosi cioè sull'emissione di onde elettromagnetiche. Sarà comunque sempre più importante studiare questi animali perché hanno un ruolo chiave nell'ecosistema marino: si nutrono di plancton e nella caccia fanno concorrenza ai piccoli pesci; il loro aumento può condizionare la catena alimentare».

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Puntura medusa rimedi: tutte le informazioni utili



E' raccomandabile non fare il bagno, se le meduse (quelle di natura urticante) sono nei paraggi. Le meduse che pungono, infatti, hanno solitamente tentacoli molto lunghi e se questa sembra lontana non è detto che i suoi tentacoli non siano vicini.

Bisogna fare molta attenzione perché alcune meduse possono causare shock anafilattico. E comunque il dolore è tale da poter essere fatale in individui con problemi di cuore.

L'ospedale è d'obbligo quando si avvertono i seguenti sintomi: una reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore e disorientamento.

Se si è punti, occorre mantenere la calma, uscire subito dall'acqua e lavarsi la parte colpita con acqua di mare e non con acqua dolce - precisa Mario Aricò, dermatologo presso l'Università di Palermo e primario della divisione di dermatologia all'ospedale Giaccone di Palermo sempre a Focus - perché questa favorirebbe la scarica del veleno delle cnidocisti; mentre l'acqua di mare - prosegue l'esperta - è fondamentale per pulire la pelle da parti di medusa rimaste attaccate alla pelle e per diluire la tossina non ancora penetrata.

Non si deve assolutamente applicare sulla parte colpita una pietra o acqua calda, o ancora strofinare con sabbia calda, lavare con ammoniaca o urina, aceto o alcool, tutti rimedi popolari considerati efficaci, ma che invece possono anche peggiorare la situazione infiammando ulteriormente la parte colpita! Per annullare le tossine del veleno della medusa bisognerebbe raggiungere 40-50 gradi.

Per lenire immediatamente il prurito lasciato dalla puntura e per bloccare la diffusione delle tossine occorre applicare un gel astringente al cloruro d'alluminio preparato appositamente dal farmacista che avrà sicuramente altri rimedi efficaci da proporci.

La parte esposta al sole va tenuta coperta, almeno finché non è finita l'infiammazione (potrebbe metterci anche 2 settimane a guarire completamente), che, in quanto sensibile alla luce solare, tende a scurirsi provocando antiestetiche cicatrici.

Alcune Specie di Meduse



Aequorea forskalea



Poco urticante

Piccola e innocua perché priva di cnidocisti pericolose per noi.

Habitat

Mai molto abbondante lungo le nostre coste, anche se localmente può presentarsi in grosse concentrazioni.

Come riconoscerla:

E' un’idromedusa che gemma da forme polipoidi che vivono sul fondo marino. Non ha grandi dimensioni: raggiunge al massimo 10 cm di diametro. Si distingue facilmente dalle altre meduse per i tantissimi canali radiali che congiungono il centro e il margine dell’ombrello appiattito. La bocca e il manubrio sono inseriti in un bulbo gelatinoso che parte dal centro dell’ombrello e si proietta verso il basso. Ha permesso l’isolamento della proteina verde fluorescente (GFP), una sostanza alla base della fluorescenza di molte meduse. La scoperta di questa proteina ha permesso di sviluppare nuove tecniche per la diagnosi di malattie e la ricerca nel campo della biologia molecolare. Questa scoperta ha portato ad applicazioni in campo diagnostico, permettendo di marcare specifiche linee cellulari. La scoperta della GFP è valsa ai ricercatori americani Osamu Shimomura, Martin Chalfie e Roger Tsien il premio Nobel per la chimica nel 2008.

Aurelia aurita



Poco urticante

Il veleno di Aurelia è innocuo per l’uomo e questa medusa può essere toccata (in Cina è persino un piatto molto popolare (Guarda i piatti etnici più strani del mondo)) anche se come tutte le meduse è molto delicata e i contatti possono danneggiarla.

Habitat

Aurelia vive in tutti gli oceani dell’emisfero settentrionale, dove può essere molto abbondante.

Come riconoscerla:

L’ombrello misura 30-40 cm, ha tentacoli sul margine, il corpo è discoidale, biancastro, con gonadi disposte in quattro cerchi visibili in trasparenza. Il manubrio ha quattro lunghe braccia orali. Molti canali radiali collegano il centro e la periferia dell’ombrello. A differenza di altre specie, molto più delicate, questa medusa vive bene in acquario e quindi può essere osservata negli acquari marini di tutto il mondo.

Carybdea marsupialis



Urticante

Carybdea marsupialis è un cubozoo, come le meduse mortali per l’uomo che abitano lungo le coste australiane. Fortunatamente il suo non è un veleno mortale: le sue punture sono molto dolorose, ma gli intensi effetti sono brevi.

Habitat

Presente nelle aree più settentrionali dei mari italiani, sempre più frequente lungo le nostre coste. Carybdea è attratta dalla luce e si avvicina alla costa durante la notte

Come riconoscerla:

Molto piccola, trasparente, con l’ombrello cubico che misura dai 4 ai 5 cm circa, è armata da 4 lunghi tentacoli. Nuota in modo molto vigoroso e si sposta facilmente. Come Pelagia è tipicamente mediterranea e tra le meduse più urticanti dei nostri mari.

Cassiopea andromeda



Urticante

Non è pericolosissima, ma è meglio non toccarla perché produce muco nel quale sono presenti le cellule urticanti, e se si entra in contatto con quest'ultimo, si possono avere irritazioni.

Habitat

Entrata in Mediterraneo dal Canale di Suez, sta risalendolungo le coste turche. All’inizio del 2010 è stata segnalata a Malta, e quindi è arrivata alle porte di casa nostra. Di solito si trova su fondi sabbiosi, ma può essere presente anche su quelli rocciosi.

Come riconoscerla:

Piccola, massimo 30 cm, sta posata sul fondo marino. L'ombrello è rivolto verso il basso, mentre bocca e tentacoli verso l’alto: per questo Cassiopea viene chiamata in inglese "medusa al contrario". Sta rivolta verso l’alto perché possiede alghe unicellulari come quelle dei coralli delle formazioni coralline che vivono in simbiosi con la medusa e che quest'ultima deve esporre alla luce che filtra nell'acqua.

Catostylus tagi



Urticante

Non punge molto, ma è meglio comunque non toccarla.

Habitat

È comune lungo le coste del Portogallo e in genre in tutt l'Atlantico, ma in Mediterraneo non era mai stata avvistata. Maria Ghelia l'ha fotografata nelle acque di Pantelleria nel 2010.

Come riconoscerla:

Simile alla Rhyzostoma pulmo ma non ha il tipico bordo violetto. È molto bella e, in alcuni paesi, viene usata per scopi alimentari.

Chrysaora hysoscella



Urticante

Simile alla Pelagia ma molto meno urticante.

Habitat

Vive in Atlantico e si spinge molto a Nord, per esempio nei fiordi norvegesi, dove può raggiungere grandissime densità. In Mediterraneo non è abbondante ma frequente.

Come riconoscerla:

L’ombrello può raggiungere i 30 cm di diametro, il manubrio (la parte centrale dove c'è la bocca della medusa) presenta quattro braccia orali che possono raggiungere anche un metro di lunghezza. La faccia superiore dell’ombrello è decorata con 16 bande a forma di V che partono dal centro dell’ombrello e raggiungono il margine, dove sono presenti 24 tentacoli, in gruppi di tre.
Si tratta di un animale molto elegante, un soggetto perfetto per la fotografia subacquea.


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Fonti:
it.reeflex.net - ilpiccolo.gelocal.it - scienzaesalute.blogosfere.it


Edited by francesina63 - 19/4/2018, 17:15
 
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Troppe meduse per pesca eccessiva

Mediterraneo sotto attacco ma i bagnanti possono partecipare al monitoraggio grazie a un'app



E' l'overfishing, ossia la pesca eccessiva a causare un aumento nella popolazione di meduse. L'ecosistema marino impoverito fa soccombere i competitor alimentari degli urticanti animali marini che, così, hanno a disposizione maggiori quantità di alghe microscopiche, il fitoplancton, e quindi crescono e si moltiplicano. I bagnanti che avvistano le meduse possono, da oggi trasformarsi in sentinelle grazie a un'app.

Segnalazioni via smartphone - Per diventare sentinelle marine basta fotografare gli esemplari avvistati in acqua e inviare la segnalazione al sito meteomeduse.it, una app per smartphone di Focus in collaborazione con l'Università del Salento e il Cnr-Ismar. L'idea è nata per arricchire la mappa degli avvistamenti, particolarmente frequenti in Liguria, Friuli, all'Elba, in Sardegna, Sicilia, Calabria e Puglia.

Le temperature non le hanno intimidite - L'estate 2013 è tra le meno calde, eppure le meduse non sembrano risparmiare le coste italiane. Il biologo marino Ferdinando Boero dell'Università del Salento e Cnr-Ismar afferma: "A riprova che la presenza di queste specie marine ha come causa prevalente l'eccesso di pesca, più che il surriscaldamento globale. Abbiamo depauperato le specie ittiche, ci sono meno larve e quindi meno baby pesci e le meduse hanno pertanto meno concorrenti per la loro dieta. E così si moltiplicano. La novità è che i bagnanti hanno preso confidenza con queste specie marine e sanno riconoscerle. Sanno, per esempio, che quelle più urticanti hanno tentacoli molto lunghi (la Pelagia o la Caravella Portoghese), e talvolta arrivano ad apprezzare la bellezza degli esemplari innocui".

C'è, invece, chi ne apprezza addirittura il gusto. Uno chef stellato come Gennaro Esposito che si è cimentato in un'originale ricetta a base di questi animali marini in una recente iniziativa di Marevivo. Comunque, anche se non tutte le meduse sono urticanti, molte sono innocue per l'uomo, anche se è sempre meglio evitare incontri ravvicinati.

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Meduse nel piatto per salvare il mare


Proliferano per assenza di predatori ma possono trasformarsi in una risorsa tutta da gustare



Irritanti compagne dell' estate, le meduse possono diventare una pietanza prelibata ed ecosostenibile. Gli stock ittici vengono salvaguardati a vantaggio dell'ecosistema marino. A proporre l'insolita ricetta preparata dallo chef stellato Gennaro Esposito, è Marevivo. Il carpaccio di meduse marinate con pesto, zucchine, e mozzarella di bufala fa parte del progetto "La tavola blu" presentato nella sede Eataly di Roma. Tgcom24 ha intervistato Maria Rapini, responsabile del progetto.

Com'è nato il progetto?

"Sono stati coinvolti mille futuri chef nel progetto sull'uso sostenibile delle risorse ittiche. E' stato sviluppato un bando di gara destinato alle scuole alberghiere, grazie al contributo del ministero dell'Ambiente".

Un modo per sensibilizzare gli chef di domani?

"Sì. Ricordiamo che le specie da poter mangiare sono 719 ma ne consumiamo solo il 10%".

Tutti noi possiamo rispettare di più il mare privilegiando alcuni tipi di pesce?

"Sarebbe opportuno comprarlo di stagione: in primavera lo sgombro, in estate orata o sogliola, in autunno il rombo e in inverno alice e polpo".

Come mai quest'uso inedito delle meduse?

"Si tratta di una scelta simbolica. Le meduse proliferano nei nostri mari perché, a causa della pesca eccessiva, mancano i predatori. Quindi, è l'occasione per trasformare un'emergenza in una risorsa. Per quanto riguarda i valori nutrizionali, le meduse sono costituite per il 90% d'acqua e, per il resto, da proteine e collagene".

Ma la medusa è buona?

"Sì. Io l'ho assaggiata".

Quindi, d'ora in poi meduse al posto dei gamberoni?

"Beh, non proprio. Però, se consideriamo che la Fao ha invitato a nutrirsi di insetti, diciamo che nel futuro dell'alimentazione le meduse potrebbero essere una buona opzione mediterranea".

Maria Rosa Pavia


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Fonti:
tgcom24.mediaset.it


tgcom24.mediaset.it


Edited by francesina63 - 10/9/2017, 17:23
 
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Liberi dalle meduse grazie alle reti
progettate dall' Università del Salento



Una rete ci libererà dalle meduse e, soprattutto, dai loro effetti urticanti e dannosi per la salute. Un incubo che svanirà grazie al progetto europeo Medjellyrisk, firmato dai biologi dell’Università del Salento. Sono, infatti, pronte e saranno testate, già dai primi di settembre, in Italia, Spagna, Malta e Tunisia, le prime reti “anti-meduse”.

Si tratta di vere e proprie barriere che impediranno a questi animali planctonici di aggredire l’uomo, provocandogli effetti che, come sostengono gli esperti, a volte possono essere addirittura letali. Sempre più presenti nel Mediterraneo e con nuove specie che stanno proliferando nel bacino, le meduse hanno un’influenza crescente su turismo e pesca, ma anche sul sistema sanitario nazionale.

Basti sapere che ciascun codice bianco, cioè la categoria di pronto soccorso di minore entità, costa 226 euro, quindi l’impatto potenziale è di milioni di euro di spesa. Un motivo più che sufficiente per mettere in campo progetti capaci di arginare e tenere questi organismi planctonici quanto più lontano possibile dalle zone di balneazione e dai vacanzieri che in questo modo potranno tuffarsi in tutta tranquillità, senza alcun timore di ritrovarsi con una parte del corpo incredibilmente gonfia e pruriginosa.

La Sicilia sarà la regione apripista ai test che porteranno all’installazione di un metodo per proteggere le nostre coste dalle meduse, sempre più diffuse nelle acque del Mediterraneo, poi se il progetto - di cui è coordinatore Stefano Piraino, docente di Biologia all’Ateneo leccese - funzionerà sarà utilizzato in lungo e in largo per tutto il Mediterraneo, comprese le coste del Salento, dove solo negli ultimi cinque anni ben 1.700 persone sono andate a finire al pronto soccorso, dopo un incontro ravvicinato e poco gradito con le meduse.

Le reti progettate dall’Università, lunghe fra i 50 e 100 metri, sono facilmente rimovibili e non hanno un impatto sulla fauna marina, in più costano poco - intorno ai 1.500 euro - per cui potrebbero essere acquistate anche dai gestori degli stabilimenti balneari e installate per proteggere i bagnanti per tutta la stagione estiva, considerato che ogni estate solo nel Mediterraneo sono due milioni i bagnanti colpiti dalle meduse, almeno 150mila quelli che si rivolgono ad un ospedale, come si è detto, con costi sociali molto alti.

E’ soprattutto nel Mediterraneo occidentale, dall’Italia alla Spagna e al Nord Africa, che si registra l’invasione delle meduse; anche il Salento non scherza, tant’è che solo nell’aprile scorso un’ispezione effettuata dagli scienziati di Jellyrisk aveva individuato branchi di questi organismi estesi pure su due chilometri di lunghezza e distribuiti lungo tutti i circa 300 chilometri di coste, sia sul lato adriatico sia su quello ionico. Però, grazie a Medjellyrisk, che ha carattere transnazionale e viene attuato in sinergia con altri progetti in corso - avviati sempre dai biologi salentini che lavorano da 30 anni su questi argomenti, vantando ormai una leadership mondiale - verranno applicate metodologie comuni a tutti i Paesi coinvolti nella sperimentazione, rendendo più semplice l’approccio al problema delle meduse, un vero e proprio allarme, che assume sempre più proporzioni stratosferiche.

«A Lampedusa, Favignana, Ustica, isole Eolie e nel Golfo di Castellamare (Trapani), abbiamo già avuto i permessi per fare dei test quest'anno, a settembre. L'anno prossimo le reti saranno pronte dall'inizio della stagione balneare» afferma Piraino. Ogni estate nel Mediterraneo sono due milioni i bagnanti colpiti dalle meduse, almeno 150mila quelli che si rivolgono ad un ospedale.

«Negli ultimi tre anni, nel Salento, oltre 1.700 persone sono andate al pronto soccorso» afferma il coordinatore di Medjellyrisk. «Per il servizio sanitario nazionale ciascun codice bianco, cioè la categoria di pronto soccorso di minore entità, costa 226 euro, quindi l'impatto potenziale è di milioni di euro di spesa» spiega Piraino, che sottolinea l'importanza di un coordinamento fra i vari Paesi del Mediterraneo e lo studio di strumenti di prevenzione e monitoraggio, associando poi le osservazioni alle variabili ambientali e meteo.

«Le meduse non hanno confini - afferma il docente di biologia marina - e la specie più urticante nel Mediterraneo, la Pelagia noctiluca, è presente attualmente lungo le coste spagnole della Catalogna, con esemplari di dimensioni maggiori del solito (fra i 10 e i 15 cm di diametro), ma numerose segnalazioni arrivano anche da Sardegna e Mar Ligure, oltre che da Francia, Tunisia e Malta». La pelagia noctiluca è un flagello per i pescatori, visto che mangia anche uova e larve di specie come acciughe e tonni.

Complice l’aumento della temperatura superficiale, specie prima confinate al Mediterraneo orientale ora, stando a quanto sottolineano gli esperti, si stanno, infatti, diffondendo nel resto del bacino. «Ad esempio, la Rhopilema nomadica, una medusa urticante che può misurare anche mezzo metro e pesare 50 chili - spiega il professore Piraino - è diventata un problema per Israele, Libano e Turchia meridionale. Forma banchi enormi: fino a 550mila tonnellate in Israele nel 2009. Ora alcune sono state segnalate nel Golfo di Tunisi e potremmo trovarle presto lungo le coste siciliane. Si tratta, comunque, di fenomeni sotto controllo e, in ogni caso, è anche aumentata l’informazione rispetto a come proteggersi dalle meduse. Al riguardo, vale la pena ricordare che il progetto Medjellyrisk è pure su Facebook, una pagina in cui si possono trovare tanti consigli di primo intervento medico rispetto a ogni singola medusa, perché non tutte sono urticanti e pericolose. Una sorta di vademecum per evitare di affollare il pronto soccorso». Intanto, si parte con il progetto, in attesa che, già dal prossimo anno, la sperimentazione parta pure sulle nostre coste, liberando definitivamente salentini e turisti dalla fobia di essere punti dalle tanto temute meduse.


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Fonti:
quotidianodipuglia.it


lmattino.it


Edited by francesina63 - 22/6/2015, 13:08
 
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Pelagia Benovici: La medusa aliena
a Venezia



Mai vista prima, non si sa come sia arrivata.
Gli studiosi: se la vedete, fatecelo sapere



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Pelagia Benovici: la nuova arrivata, si sospetta, nei serbatoi di una nave



C’è una nuova specie di medusa, in Mediterraneo. Mai vista prima. Quando si trova una specie nuova, è necessario descriverla, e darle un nome. Assieme ai colleghi Piraino, Aglieri, Martell, Mazzoldi, Melli, Milisenda e Scorrano, l’abbiamo battezzata Pelagia benovici.

È simile a Pelagia noctiluca, la medusa violetta che frequentemente ci punge sulle nostre spiagge. Ma non è lei. È apparsa all’improvviso, l’inverno scorso, nel Golfo di Venezia e poi in quello di Trieste, in numerosissimi esemplari.

Da anni conduciamo la campagna «Occhio alla Medusa» e diversi cittadini ci hanno mandato le foto di queste, poi alcuni colleghi che lavorano in zona le hanno catturate e ci hanno mandato gli esemplari. Le analisi genetiche e morfologiche hanno confermato: una medusa mai vista prima. L’abbiamo dedicata ad Adam Benovic, recentemente scomparso: un amico croato, anche lui specialista di meduse.

Difficile individuare il tragitto che l’ha condotta nel Nord Adriatico, possibile che non sia stata notata da chi lavora più a Sud? E come è entrata in Mediterraneo? Da Gibilterra? O da Suez? Ma come può una specie così appariscente arrivare fin lassù senza che nessuno si accorga di lei? La spiegazione più plausibile è che sia una specie aliena. No, non marziana.

Le specie aliene arrivano da altre regioni geografiche e a volte possono stabilirsi in aree per loro nuove, dove sono, appunto, aliene. Sono ben conosciuti i casi di specie che hanno viaggiato come clandestini nelle acque di zavorra delle navi, soprattutto le petroliere, arrivando a stabilirsi in aree molto lontane dal luogo di provenienza. La nostra Pelagia benovici probabilmente ha viaggiato nei serbatoi di qualche nave, proveniente chissà da dove.

E ha trovato buone condizioni nel Nord Adriatico. Spesso queste invasioni sono passeggere, la specie non ce la fa a stabilirsi in località non abituali. Il ritrovamento dimostra che non abbiamo ancora esplorato a sufficienza la biodiversità marina, e che le sorprese sono ancora molte.

Dal 2009, con altri colleghi medusologi, appunto coordino una campagna di scienza dei cittadini: «Occhio alla Medusa». Chiediamo ai cittadini di inviarci segnalazioni di meduse attraverso una pagina web (meteomeduse.focus.it) e le segnalazioni arrivano a migliaia. Non pretendiamo di prevedere se ci saranno meduse, però stiamo ricostruendo la loro presenza lungo le nostre coste e, con l’aiuto dei cittadini, stiamo capendo molto di più.

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La Pelagia noctiluca, per esempio, quella «cattiva» che fa male, in inverno scompare, ma torna in primavera, in grossi agglomerati; non pungono esclusivamente perché ancora non facciamo il bagno. Arrivano esemplari abbastanza grandi, che finiscono sulle spiagge. Pelagia probabilmente trascorre l’inverno nel profondo e risale in superficie in primavera sfruttando le correnti ascensionali generate nei canyon sottomarini.

Gli esemplari «vecchi» si riproducono e muoiono, e i loro figli ci pungono in estate, per poi tornare in profondità in inverno e risalire l’anno seguente. Bene, quest’anno abbiamo ricevuto molte segnalazioni di banchi di Pelagia in primavera. Se la riproduzione andrà a buon fine, la specie sarà molto numerosa nell’estate che sta arrivando. Soprattutto lungo le coste dove il mare antistante è profondo: Mar Ligure, Tirreno, Ionio.

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In questo periodo, il Tirreno, il Mar Ligure e parte dello Ionio sono pieni di Velella velella, la barchetta di San Pietro. Le spiagge si tingono di blu. Anche Velella, come Pelagia, pur vivendo in superficie in una parte del ciclo biologico, trascorre parte della vita nel mare profondo. Sono specie rare in Adriatico, dove il mare non è profondo. Altre meduse, però, si comportano diversamente e la loro distribuzione dipende da altri fattori che non hanno niente a che vedere con il mare profondo. Velella e le due Pelagia sono forse l’antipasto di quel che ci aspetta la prossima estate. Se vedete Pelagia benovici avvertiteci, la descrizione è qui: www.mapress.com/zootaxa/content.html.

Ferdinando Boero: Professore di Zoologia, Università del Salento


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Fonte:
lastampa.it


Edited by francesina63 - 22/6/2015, 13:08
 
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La Drymonema dalmatinum: avvistata nell' Adriatico
la medusa gigante che torna a distanza di 70 anni



Golfo di Trieste, la Drymonema Dalmatinum ha il diametro di un metro: articolo
di Marcello Petronelli.
Qualcuno assicura di averla vista, poche settimane fa, qualche miglia al largo, al confine tra i lidi ravennati e quelli ferraresi. Ma le segnalazioni considerate autentiche perché documentate con fotografie sono due: entrambe riferite ai primi di giugno, nel golfo di Trieste. È stato in particolare Gigi Paderni, decano del circolo sub di Lignano Sabbiadoro, a inquadrare nel mirino della sua macchina scafandrata la ‘mitica’ Drymonema, la più grande medusa tra quelle che popolano il Mediterraneo, con il suo diametro di quasi un metro, ed anche la più rara.

Descritta per la prima volta nel 1880, se ne trovano tracce nella letteratura scientifica fino al 1945. Poi più nulla. Fino a due mesi fa. A raccontare l’avvistamento di Paderni è Saul Ciriaco, dell’Area protetta di Miramare. «Stava risalendo al termine di un’immersione, in attesa di essere raggiunto dai colleghi. A un tratto ha visto questa creatura gigantesca. Si stava cibando di una medusa più piccola. Stupore enorme. Ma Gigi ha avuto la prontezza di impugnare la macchina e fare qualche scatto. Così ha documentato il ritorno della Drymonema dalmatinum». La domanda dell’uomo della strada è: ma è pericolosa, e se sì, quanto? Ferdinando Boero, docente all’università del Salento, è il maggior esperto italiano di idrozoi. «Non lo sappiamo. La Drymonema è talmente rara che non abbiamo notizia degli effetti che può produrre se venisse toccata. Anche la lunghezza dei tentacoli si può desumere dalle foto; direi che possono raggiungere i due metri. Ma sono congetture». In realtà qualche ipotesi su quanto possa costare un incontro ravvicinato con la super-medusa c’è. «Una sua parente vive nei Mari del Nord ed è sicuramente urticante. In un romanzo Conan Doyle la utilizza come elemento centrale di un omicidio. Ma questa è letteratura».

Creature gigantesche, tentacoli velenosi ma anche organismi alieni. Di questi tempi l’Alto Adriatico regala spunti degni di una sceneggiatura hollywoodiana. I cambiamenti climatici e le trasformazioni prodotte dall’uomo stanno alterando gli equilibri e la biologia del nostro mare. «La maggior diffusione delle meduse è anche un effetto delle difese costiere — spiega ancora Boero —. Nella fase iniziale delle loro esistenza le meduse hanno forma di polipo che colonizza le barriere in massi».

Poi si sviluppa, lascia la barriera artificiale e si affida alle correnti. Correnti che hanno portato fino alla Romagna anche un organismo alieno. A dispetto della classificazione non è però ostile. Perché la ‘rapana venosa’, originaria del Mar del Giappone, è un mollusco apprezzato per le sue carni. L’esperto, in questo caso, è Marco Abbiati, docente dell’università di Bologna che segue i corsi di Ravenna: «Le strutture frangiflutti hanno modificato profondamente il nostro ecosistema costiero. Tanti problemi, come la proliferazione delle macroalghe, l’invasione di conchiglie, la diffusione di specie esotiche nascono da lì. Un esempio? La vongola filippina, importata per allevarla, ha finito con il soppiantare la specie autoctona: ormai la verace è quasi una rarità».

Articolo di ferdinando boero - Università del Salento. Sembra il titolo di una storia fantastica. Una medusa di quasi un metro di diametro non si incontra tutti i giorni, nel Mediterraneo. E’ successo due, forse tre volte quest’anno, nel Nord Adriatico. Vedere un animale «strano» può capitare e l’incontro poi si racconta agli amici (che non ci credono). Ma Gigi Paderni, quando ha incontrato la Drymonema dalmatinum, aveva la sua fidata macchina fotografica. E ha immortalato un gigante che gli è passato vicino.

La foto è arrivata a me, attraverso Saul Ciriaco, dell’Area Marina Protetta di Miramare, a Trieste. Saul ne ha presa una, morente, e l’ha messa in un tino da vino. Ma non fa una gran mostra di sé. Questi animali, una volta morti, si dissolvono e perdono presto la bellezza che li caratterizza quando sono in vita. Non ci è voluto molto a capire che Gigi e Saul avevano incontrato la più grande medusa del Mediterraneo, e anche la più rara!

La specie si chiama dalmatinum perché proprio in Dalmazia il naturalista Ernst Haeckel, nel 1880, la descrisse come specie nuova. Ma dopo quel ritrovamento fu rivista solo pochissime volte. La letteratura scientifica la segnala solo fino al 1945. Non si vedeva, quindi, da quasi 70 anni! Drymonema dalmatinum è tornata dal passato. Dove sarà stato nascosto un animale così grande, in un mare così piccolo? La risposta è semplice. Il ciclo di queste meduse è composto da una fase che vive attaccata al fondo. Si chiama «polipo», da non confondere col polpo. Questi polipi sono piccoli, di solito, e possono vivere a lungo. Ogni tanto producono meduse che, all’inizio della vita libera, sono piccole. Molte specie hanno meduse che restano piccole anche una volta raggiunta l’età adulta. Ma altre possono diventare grandi. Drymonema dalmatinum è parente di Cyanea capillata, la medusa più grande che si conosca. Vive nel Mare del Nord e nell’Artico e pare che possa raggiungere anche i due metri di diametro.

I polipi possono vivere per decenni senza produrre meduse e poi, improvvisamente, danno vita alla fase adulta: la medusa, appunto. I polipi di Drymonema, con ogni probabilità sono stati «nascosti», attaccati a qualche scoglio, e ora le condizioni ambientali hanno «risvegliato» il gigante. Drymonema mangia altre meduse. Nella foto di Paderni si sta mangiando un’Aurelia aurita, la medusa quattr’occhi. Le meduse stanno aumentando dappertutto e i loro predatori, favoriti dall’abbondanza di cibo, aumentano di conseguenza.

Il Nord Adriatico, un «cul de sac» biogeografico, quest’anno ci ha regalato ritrovamenti eccezionali e non è detto che non abbia altre sorprese in serbo. Ma la comunità scientifica non è abbastanza numerosa da poter tenere sotto controllo gli 8500 km del litorale italiano. E’ per questo che abbiamo lanciato la campagna «Occhio alla Medusa», con tanto di pagina web (www.meteomeduse.focus.it) e applicazione per smartphone, chiedendo ai cittadini di diventare «scienziati» e mandarci le segnalazioni delle meduse che incontrano. La risposta è già stata uno tsunami di segnalazioni.


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Fonti:
ilrestodelcarlino.it


lastampa.it


Edited by francesina63 - 20/6/2015, 13:15
 
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Cinque cose da sapere sulle meduse

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C’è chi porta già impresso sulla propria pelle il segno di un attacco subito e chi teme la loro apparizione mentre aspetta di fare il primo tuffo in acqua: ogni anno, comunque, sappiamo che le nostre vacanze in spiaggia o in barca potrebbero essere temporaneamente funestate dalla indesiderata presenza delle meduse. Eppure queste affascinanti creature, tanto belle quanto insidiose, hanno molto da raccontarci: una storia evolutiva singolare ed un futuro dagli sviluppi imprevisti che potrebbe funzionare da termometro per misurare la febbre del nostro Pianeta. Scopriamo, quindi, qualcosa di più sulle meduse.

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Antichità



Bizzarre e colorate, talvolta dalle dimensioni impressionanti, presenti lungo le zone costiere come in mare aperto, nelle profondità oceaniche così come in riva alle spiagge, le meduse vagano nei nostri mari da un arco di tempo lunghissimo che va da 500 a 700 milioni di anni fa: questo ne fa le creature più antiche non soltanto del mare, ma anche di tutte le terre emerse del nostro Pianeta. All’epoca si evolsero nella forma che ci è nota: da allora, infatti, sono rimaste per lo più immutate, segno che 600 milioni di anni di selezione naturale per esse sono stati praticamente superflui, dal momento che il loro organismo aveva già raggiunto un assetto funzionale perfetto. Quando, circa 530 milioni di anni fa, con l’esplosione cambriana comparvero la maggior parte degli antenati delle creature che conosciamo oggi, le meduse erano più o meno già così: quindi, la prossima volta che ne vediamo una, ricordiamoci di portare rispetto per la sua ragguardevole età.

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Immortalità



Appartenenti al phylum degli Cnidari,o Celenterati, le meduse si manifestano in centinaia di specie diverse: tra queste una in particolare, nome scientifico Turritopsis nutricula, possiede una caratteristica degna di nota. Normalmente lo stadio di medusa caratterizza un ciclo vitale che giunge a conclusione con la riproduzione sessuata e porta alla formazione di un polipo, ossia una sorta di stato ridotto che successivamente evolverà in medusa. Turritopsis nutricula, però, fa eccezione poiché sembrerebbe essere l’unico animale conosciuto alla scienza in grado di tornare alla fase sessualmente immatura, dopo aver raggiunto la maturità: tale processo è stato osservato in laboratorio non più di dieci anni fa ed ha comprensibilmente stupito i biologi. Il processo che porta le cellule di questa medusa a regredire ad una fase dalla quale possono nuovamente moltiplicarsi e differenziarsi, tuttavia, non è stato documentato in natura, a causa delle difficoltà intrinseche ad un’operazione del genere. Di fatto, tale meccanismo potrebbe anche ripetersi all’infinito ma, al riguardo, gli studiosi non hanno certezza: Turritopsis nutricula resta, quindi, ancora una delle creature più affascinanti e misteriose tra quelle note agli uomini.

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Perché ci attaccano?



Bellissime ma insidiose: perché le meduse “pungono”? Cominciamo col dire che, nonostante tale forma linguistica prevalga nella parlata comune, queste creature non pungono, non pizzicano né tanto meno mordono: la sgradevole, e spesso dolorosa, sensazione che proviamo quando incappiamo in esse è originata esclusivamente dal contatto con i loro tentacoli e, più in particolare, con le cellule che li rivestono. Quando tali cellule “sentono” il corpo estraneo che le sta sfiorando attivano immediatamente un meccanismo di difesa basato su filamenti urticanti che vengono proiettati esternamente, verso la superficie individuata come “nemica”: attraverso tali filamenti le meduse inoculano il proprio veleno urticante che uccide le prede o, eventualmente, funziona per difenderle dagli attacchi. La sostanza rilasciata ha effetto paralizzante ed infiammatorio. Per gli uomini, il contatto con tale veleno si traduce in dolore e bruciore, infiammazione, eritema, vescicole e gonfiore: sempre ammesso che la medusa in questione non appartenga alla specie Chironex fleckeri.

Considerata una delle creature più velenose al mondo, questo particolare tipo di cubomedusa possiede tentacoli che possono allungarsi fino a raggiungere i tre metri durante la fase di “attacco”: il contatto di un essere umano con questi provoca la morte nel giro di pochi minuti del malcapitato, dopo spasmi muscolari dolorosissimi che si concludono con la paralisi polmonare e l’arresto cardiaco. Se vi state già spaventando e state pensando di rimandare il mare, comunque, possiamo rassicurarvi: le acque che la ospitano si trovano tra l’Australia e il Sud-est asiatico.

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Sempre più numerose: un mare di meduse?



Durante gli ultimi anni, gli Oceani come il Mar Mediterraneo hanno assistito ad un notevole incremento della popolazione delle meduse: un fenomeno che è stato documentato dai biologi e che costituisce una conseguenza indiretta dell’impatto antropico sull’intero ecosistema marino. Per quanto riguarda le ragioni di tale aumento, in linea di massima gli studiosi hanno identificato due cause principali che possono essere così sintetizzate: da una parte l’innalzarsi della temperatura media delle acque che ne starebbe favorendo la riproduzione; dall’altra la sparizione degli animali che, normalmente, predavano tali creature.

Le meduse sono degli organismi relativamente semplici, quindi in grado di adattarsi facilmente all’inquinamento e alle sue conseguenze come l’acidificazione degli Oceani (causata dall’incremento delle concentrazioni di anidride carbonica assorbita dall’atmosfera) o l’aumento di temperatura: certamente per esse è più facile reagire agli stravolgimenti in atto del mare, rispetto a quanto accade per i più complessi pesci, il che le sta immensamente aiutando negli ultimi decenni. Oltretutto, temperature più elevate sembrerebbero favorirne, in molti casi, il ciclo riproduttivo. L’altra ragione individuata dagli studiosi risiederebbe nel sovra-sfruttamento degli stock ittici: la pesca sempre più intensiva portata avanti dagli esseri umani, talvolta con tecniche moderne che non lasciano scampo neanche agli esemplari più piccoli annullando quindi di fatto la possibilità di un ricambio generazionale, sta causando anche una forte contrazione nella popolazione di quei pesci che, un tempo, predavano le meduse. La conseguenza è che attualmente le meduse possono proliferare con più facilità di quanto accadeva prima e trovano sempre meno ostacoli alla propria capillare diffusione nelle nostre acque come in quelle oceaniche.

In tutto e per tutto, il fenomeno dell’aumento delle meduse nei mari costituisce una conseguenza evidente del cambiamento climatico così come dell’impatto dell’uomo su un ecosistema naturale che vede i propri equilibri alterarsi progressivamente di più, con effetti che ancora non è possibile prevedere sulla lunga durata.

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Cibo per uomini



D’altronde non bisogna dimenticare che c’è chi potrebbe gioire alla notizia dell’aumento delle meduse o, quanto meno, fare tesoro di questo fenomeno: in alcuni Paesi come il Giappone, la Corea e la Cina, infatti, le meduse essiccate sono considerate un’autentica prelibatezza e, ultimamente, la moda di nutrirsi di questi gelatinosi animaletti si sta sempre più diffondendo. Non tutte le specie sono preferite per l’alimentazione, chiaramente, bensì circa una dozzina tra le oltre 90 che compongono l’ordine delle Rhizostomeae, raccolte principalmente nei mari asiatici. Servite spesso come antipasto, vengono condite con aceto o salsa di soia oppure a mo’ di insalata assieme a dei vegetali: l’idea vi tenta? Se ci pensate bene, comunque, meglio averle nel piatto che accanto a voi mentre nuotate.


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Fonte:
scienze.fanpage.it


Edited by francesina63 - 20/6/2015, 13:15
 
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