6/10/2014 - la radio festeggia il suo 90° compleanno...Tanti Auguri!!

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view post Posted on 6/10/2014, 20:48     +1   -1
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Oggi la radio festeggia il suo 90° compleanno

Tanti Auguri!!


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90 anni fa, il 6 ottobre 1924 alle ore 21.00, il primissimo annuncio radiofonico che diede inizio ufficialmente alle trasmissioni radiofoniche nel nostro paese fu questo:

«Uri, Unione Radiofonica Italiana. 1-RO: stazione di Roma. Lunghezza d’onda metri 425. A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21 del 6 ottobre 1924. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana, per il servizio delle radio audizioni circolari, il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando, Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati e Alessandro Cicognani, eseguirà Haydn dal quartetto opera 7 primo e secondo tempo».



La prima trasmissione radio nel mondo avviene in Cornovaglia il 23 febbraio 1920, due ore al giorno per due settimane. A fornire impulso alla radiofonia civile era stata l’esperienza maturata nella Prima guerra mondiale, dove gli apparecchi radio erano stati utilizzati per le comunicazioni tra il fronte e le retrovie. L’idea della commercializzazione era stata compiutamente tracciata nel 1916 da David Sarnoff dell’American Marconi Company.

I primi apparecchi radio erano rivolti a un pubblico agiato ed erano curati anche nell’estetica, venendo non di rado rivestiti di legno prezioso. Le componenti interne subivano però guasti frequenti. Le versioni economiche erano le radio a galena (dal nome del cristallo di piombo usato per la sintonizzazione) che potevano ascoltarsi solo con la cuffia. I radioamatori erano spesso in grado di costruire in proprio questo tipo di apparecchi, evadendo l’abbonamento.
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La ricezione del segnale era spesso approssimativa, disturbata e con cali di modulazione. Nel 1930 gli abbonati non raggiungevano il numero di 100.00. Il costo dell’apparecchio e dell’abbonamento erano alti: nella prima metà degli anni Trenta l’automobile Fiat balilla costava poco più del triplo di un buon apparecchio radio e l’abbonamento equivaleva alla mensilità dello stipendio di un impiegato.

Alla diffusione della radio si aggiungevano altre difficoltà: la parziale elettrificazione del Paese che aveva indotto anche alla costruzione di radio a batteria.

Roma rimane per circa un anno l’unica stazione di trasmissione, nel 1925 seguirà Milano e Napoli nel 1926 anche se la città di riferimento per la radiofonia italiana diventerà Torino. La prima vera stazione nazionale a grande potenza è realizzata a Roma ed è attiva dal 1930.

La prima società gestrice si chiamava Uri, Unione radiofonica italiana, che trasmetteva in regime di monopolio e sotto il controllo del governo. L’Uri era nata qualche mese prima, a fine agosto. Gli azionisti di riferimento erano la Radiofono di Guglielmo Marconi e la Sirac che si avvaleva degli statunitensi della Western eletric per la costruzione degli apparecchi. La presidenza è assegnata all’altro socio forte, la Fiat, capace di designare il suo direttore centrale, Enrico Marchesi, alla carica più alta dell’ente radiofonico. Quando la società cambia nel 1927 la denominazione in Eiar (Ente italiano audizioni radio) i soci restano gli stessi e la maggioranza è detenuta dalla Sip, controllata da Agnelli e dai principali industriali italiani. Proprio nella seconda metà degli anni Venti arrivano le più evolute radio a valvola che, tramite la manopola, permettevano una sintonizzazione più semplice.

Il governo nomina propri rappresentati nel Consiglio di amministrazione e ne controlla i contenuti. I grandi gruppi industriali erano interessati agli sviluppi della radiofonia per realizzare affari con l’aiuto dello Stato (come la diffusione dell’elettricità) e per consolidare le proprie posizioni di potere. Nella “privata” Eiar il legame con il regime è organico, non solo nell’indirizzo politico: Costanzo Ciano, padre di Galeazzo e importante gerarca, è legato alla Fiat e protettore di Guglielmo Marconi, nonché detentore di brevetti per la costruzione degli apparecchi.

Dieci anni dopo la prima trasmissione, nel 1934, gli abbonati erano saliti a 350.000, in linea con la Polonia e l’Ungheria, quasi nulla di fronte ai 6 milioni di abbonati in Inghilterra e ai 5 della Germania. In Italia, soltanto fra il 1937 e il ’38 gli apparecchi radio raggiungeranno il milione.

Il progetto industriale, legato alla radio, avanza molto lentamente. Le iniziali intuizioni sulle future prospettive della radio stentano a trovare capitali privati e pubblici che possano realizzarle. Dal 1933 la più diretta presa di controllo sulla diffusione del mezzo da parte del regime fascista (una radio in ogni villaggio), resta ostacolata da interessi contrapposti e non dipanati che permettono, solo in parte, l’abbassamento del prezzo per realizzare apparecchi radiofonici accessibili a un più vasto bacino di consumatori.

Dalla morte di Kennedy nel 1963, quando la Rai decise di interrompere le trasmissioni in segno di lutto, al discorso alla luna dell’anno prima del Papa buono, Giovanni XXIII. Dalla strage di via D’Amelio con il Gr1 che annuncia la barbara uccisione del giudice Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta, alla Vita spericolata di Vasco Rossi raccontata a Radio 2 negli anni ’80. A Mike Bongiorno che annuncia la vittoria di Gigliola Cinquetti al Sanremo del 1964 con Non ho l’età. Per non dimenticare tutti i momenti del grande sport come la conquista della medaglia d’oro di Pietro Mennea alle Olimpiadi di Mosca 1980. Ed è la prima volta da quando esiste la televisione in Italia e in Europa che la radio per un giorno diventa protagonista, parlando a tutti con le sole immagini evocate dalla sua voce.

Il 6 ottobre, quindi, non è soltanto la data del compleanno della radio, ma è l’anniversario del più antico tra i mezzi di comunicazione di massa. Fu strumento di propaganda del fascismo, annunciò l’avvio e la fine della seconda guerra mondiale; consentì a tutti gli italiani, ancora prima della televisione, di imparare la lingua, di conoscere la grande musica e il grande teatro; fu terreno di sperimentazione dei primi varietà, ritrovo per gli intellettuali, culla di un nuovo modo di fare informazione, veicolo di protesta. Prima con l’avvento della tv, poi con il web, in tanti l’hanno data per morta. Invece ancora oggi, in un’epoca di bulimia mediatica, la radio è viva e vegeta: fedele e discreta compagna del quotidiano.

Un amore nato il 6 ottobre 1924, quando, in pieno Ventennio, la prima voce esce dai mega-apparecchi, predecessori di quelli più piccoli a transistor, svelando a tutti la potenza dell’invenzione che Guglielmo Marconi rese tangibile. E’ la violinista Ines Viviani Donarelli a dare l’annuncio del concerto inaugurale, mentre Maria Luisa Boncompagni passa alla storia come la prima “signorina buonasera”. La Rai non c’è ancora, la concessionaria è l’Unione Radiofonica Italiana (poi Eiar) e l’Agenzia Stefani è l’unica fonte delle notizie. Con le cronache del regime, negli anni ’30, nasce la diretta e lo sport invade le case gli italiani: Nicolò Carosio accompagna la nazionale alla vittoria dei Mondiali di calcio del ’34 e del ’38. C’è anche lui, nel ’59, quando parte ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, trasmissione immortale che raggiunge i 25 milioni di ascoltatori, rendendo indelebili le voci – tra gli altri – di Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Beppe Viola, Nando Martellini.

Tutti figli della radio, come Nunzio Filogamo, che nel ’34 esordisce nella rivista ‘I quattro moschettieri’ con la frase: “Miei cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate!”. Antesignano dei presentatori, dal ’51 conduce conduce le prime quattro edizioni del Festival di Sanremo, trasmesse solo in radio (dal ’55 parte la diretta tv). Sono anni in cui la radio si apre a nuovi generi: il 7 maggio ’45, giorno in cui un ufficiale destinato al giornalismo, Jader Jacobelli, dà per primo in Europa la notizia dell’Italia liberata, è già lontano.

Francesco Cossiga è il primo collaboratore non militare della radio postbellica, presto Giulio Andreotti gli fa compagnia. Nel ’49 vede la luce la Rai e gli studi di via Asiago diventano un simbolo.

Con l’arrivo dei tre Programmi Nazionali, nascono Radiosera, primo Gr moderno, le rubriche di approfondimento, tra cui ‘Ciak’ di Lello Bersani, il varietà con ‘Il Rosso e il nero’. Emergono Enzo Biagi, Sergio Zavoli e dal ’58 Indro Montanelli racconta la storia del nostro paese. Enzo Tortora conduce, invece, il primo contenitore, ‘Il signore delle 13′. Muovono i primi passi Alberto Sordi, con i personaggi di Mario Pio e del Conte Claro, e Franca Valeri con la sua Signorina Snob. L’intrattenimento conquista le case: nel ’66 arriva ‘Gran Varietà’, per anni appuntamento della domenica mattina per le famiglie. Poi tocca a ‘La corrida’ di Corrado<. La programmazione culturale trova il suo apice nel ’73 con le ‘Interviste impossibili’, realizzate da intellettuali come Umberto Eco, Edoardo Sanguineti, Italo Calvino. Sono anni in cui la censura è ancora forte in Rai, mentre persino Radio Vaticana trasmette brani vietati come ‘Dio è morto’ di Francesco Guccini.

La metà degli anni ’70 è uno spartiacque: sulla scia delle rivolte studentesche, inizia l’epoca delle radio libere, celebrate nel film di Ligabue ‘Radiofreccia’. E’ l’Emilia Romagna la patria delle prime stazioni, le più innovative, ma presto è un boom. Molte emittenti sono connotate politicamente, come Radio Popolare a Milano (dove negli ’80 nasce la Gialappa’s) e Radio Onda Rossa a Roma, la cui storia è legata a doppio filo a quella sinistra extraparlamentare. In Sicilia Peppino Impastato paga con la vita lo spirito di libertà di Radio Aut, che utilizza per scagliarsi contro i mafiosi della sua città. Emerge anche Radio Radicale, che si afferma come servizio pubblico alternativo alla Rai.

Lo stile delle radio libere è tutto nuovo, meno ingessato e libero dal controllo governativo. Anche la Rai è costretta ad allinearsi alle nuove tendenze, che già avevano fatto breccia con Radio Montecarlo, in grado di trasmettere dall’estero. ‘Alto Gradimento’, e prima ancora ‘Bandiera Gialla’, trasmissioni con cui Renzo Arbore e Gianni Boncompagni rivoluzionano il modo di fare radio, sono figlie di questo clima. Con ‘Chiamate Roma 3131′ la Rai apre anche alle telefonate degli ascoltatori.

La partecipazione del pubblico è centrale nelle radio libere, che spesso sono proprietà di cooperative e si reggono sul lavoro dei volontari. Quello spirito negli anni si perde, la programmazione diventa più commerciale. La musica è essenziale per riempire i palinsesti e proprio in radio, come dj, iniziano la carriera star come Vasco Rossi o Jovanotti. Si affermano emittenti come Rtl 102,5, Radio Dj, Radio 105, Rds e trasmissioni come ‘Lo Zoo di 105′, ‘Deejay chiama Italia’, i programmi di Amadeus e Albertino, capaci di miscelare canzoni e intrattenimento, o come ‘La Zanzara’ e ‘Un Giorno da pecora’, irriverenti e ironiche. Così la radio continua a vivere, attirando tanti ascoltatori (secondo le ultime stime sono 35 milioni in Italia), molti giovanissimi. Un pubblico che le tv generaliste vanno invece pian piano perdendo.

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Ripercorreriamo alcuni grandi film che il cinema ha dedicato al mondo della radio, italiano e non.

Ecco 5 film sulla radio assolutamente indimenticabili:

1 - Radiofreccia di Luciano Ligabue: l’esordio cinematografico di Ligabue presto diventato un cult. Nel 1998 vinse addirittura tre David di Donatello e nel 2006 venne proiettato negli Stati Uniti al MoMA (Museo d’Arte Moderna di New York). Tra le rovesciate di Bonimba e i riff di Keith Richards, una pellicola densa di nostalgia canaglia per una nitida fotografia degli anni Settanta e delle radio private di quegli anni.

2 - Good Morning Vietnam!di Barry Levinson: un film indimenticabile, con un indimenticato Robin Williams. Il film racconta la storia di Adrian Cronauer, disc-jockey arrivato a Saigon nel 1965 che con le sue divertenti e irriverenti trasmissioni radiofoniche teneva alto il morale delle truppe al fronte vietnamita. Perfetto mix di dramma e ironia, un film sulla guerra in Vietnam fuori dai canoni del war movie.

3 - Radio Days di Woody Allen:
il grande regista newyorkese racconta un po’ di sé e un po’ dell’America del primo Novecento in questo delicato omaggio, che ha i contorni ingialliti di una dichiarazione d’amore, agli anni Trenta e Quaranta della radio. Un amarcord che ha il colore e il sapore di un materiale d’archivio da custodire gelosamente.

4 - I Love Radio Rock di Richard Curtis: prendendo spunto dalla celebre vicenda di Radio Caroline, una brillante e coloratissima commedia sul fenomeno delle radio pirata inglesi degli anni Sessanta. Per raccontare questa pietra miliare della Storia della radio, un cast in formissima in cui spicca Philip Seymour Hoffman nei panni del deejay di punta noto come “Il Conte”, che in qualcosa ricorda il Lester Bangs di Almost famous.

5 - Radio America di Robert Altman: ultima opera diretta dal grande regista statunitense, mostra il dietro le quinte di uno dei più importanti show radiofonici andati in onda in America a partire dal 1974. Tragicommedia che suscita risate e commozione, racconta un pezzo d’America che non c’è più ma continua a vivere in eterno tra un vinile e l’altro.


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Fonte:
ilfattoquotidiano.it


tafter.it


onestoespietato.com


Edited by francesina63 - 20/7/2015, 22:44
 
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