La Musica nel Medioevo - Dai canti gregoriani alla scuola fiamminga

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view post Posted on 25/2/2015, 23:38     +1   -1
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Insieme in Armonia

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La Musica nel Medioevo



Il medioevo è un'epoca che copre quasi mille anni di storia: va, infatti, all'incirca dalla fine del V secolo d.C. alla fine del XV secolo. Questo lungo periodo storico è ricchissimo di musica. Nella maggior parte dei casi questa musica non aveva la funzione che noi moderni le attribuiamo. La musica, come quella antica, è ancora in buona parte musica "di vita ", da suonare per accompagnare un lavoro, una battaglia, un banchetto, una festa o una celebrazione. Musica insomma che aveva una funzione pratica più che estetica.

Questa musica era spesso improvvisata o composta per delle occasioni particolari non aveva quindi bisogno di essere scritta e tramandata ai posteri, essendo destinata ad essere eseguita una sola volta. Per questa ragione anche della musica medievale ci sono rimasti pochi documenti.

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Il Canto Gregoriano e il dramma liturgico



Un'eccezione è però rappresentata dalla musica religiosa: questa, al contrario, era musica che cercava di resistere al tempo, di conservarsi sempre uguale a se stessa, poiché i riti e le cerimonie per cui era stata composta si ripetevano sempre uguali a distanza di tempo. Naturalmente anche la musica religiosa aveva uno scopo pratico: essa doveva arricchire la preghiera, accrescerne l'importanza all'interno della funzione religiosa. Il canto cristiano originario era basato sui testi biblici e, dal punto di vista melodico, era simile al parlato. In seguito, verso il IV secolo, vengono introdotti nuovi testi, estranei al repertorio biblico; una delle principali forme religiose musicali di questo periodo è l'inno. Gli inni erano caratterizzati da testi e melodie molto facili e per questo essi si diffusero rapidamente.

Il cristianesimo primitivo, privo di una forte autorità centrale, ispirandosi a elementi musicali di aree diverse (Oriente, Africa, Europa) dà vita a liturgie differenti. Il canto gregoriano, una delle prime e più importanti forme di canto religioso, deriva da quella unificazione liturgica portata a termine dalla Chiesa di Roma dopo il pontificato di Gregorio I. In occidente si erano formate tradizioni liturgiche, il canto religioso si era sviluppato con caratteristiche diverse a seconda delle regioni.
A Roma il canto liturgico era influenzato dalla musica greca ed ebraica. Qui alcuni pontefici, soprattutto Gregorio Magno (papa tra il 590 e il 604 ) riorganizzarono e revisionarono i canti liturgici. Dall'evoluzione del canto religioso nacque il canto gregoriano. Alla fine del IX sec, venne elaborato un'importante sistema di scrittura musicale che venne chiamata notazione neumatica. Il canto gregoriano era basato su un testo latino (la lingua ufficiale della chiesa) ed era monodico (cioè tutti i cantori intonavano insieme la stessa melodia, come nel coro greco). La melodia era in alcuni casi molto semplice e faceva assomigliare il canto a una recitazione intonata; in altri casi invece era ricca di note e di fioriture.

A fine millennio un più vivace clima culturale porta alla nascita di una nuova forma musicale religiosa che sopravviverà per almeno due secoli: il dramma liturgico. Il suo intento principale è far rivivere i momenti più significativi della storia cristiana narrandoli, e successivamente rappresentandoli, in una forma facilmente comprensibile dal popolo. Il dramma liturgico si sviluppò successivamente, nei secoli XI-XIII. I testi dei drammi liturgici erano in latino: in prosa, o in versi, o in prosa e versi mescolati. I vari brani erano eseguiti da diaconi, chierici o cantori, e ognuno di essi rappresentava un personaggio dell'evento sacro. L'esecuzione avveniva in chiesa e l'esecuzione si svolgeva davanti all'altare, con un essenziale apparato scenico e con costumi.

I materiali melodici con i quali erano costituite le parti musicali dei drammi liturgici sono vari, pur derivando tutti dall'unica vasta matrice del repertorio gregoriano. Mescolate e amalgamate in un linguaggio omogeneo si trovano citazioni e parafrasi di melodie gregoriane, prestiti da sequenze e da tropi, e persino derivazioni da melodie dei trovieri.

In alcuni dei codici che ci hanno tramandato drammi liturgici, oltre al testo del dialogo e della musica (scritta in notazione neumatica), sono riportate minuziose didascalie, quasi note di regia, le quali prescrivono anche i movimenti che devono compiere gli attori.

La maggior parte dei drammi liturgici svolge fatti salienti della vita di Cristo, nei due momenti più significativi, liturgicamente espressi nei cicli di Pasqua e Natale ( soprattutto a Pasqua ); inoltre parabole, figure e fatti dell'Antico Testamento.

Per circa un millennio il canto gregoriano costituì comunque l'unica espressione musicale degna di rilievo; dopo l'anno Mille venne acquistando importanza anche la musica profana. Nell'intento di arricchire la struttura melodica del canto gregoriano, verso il X secolo, in particolare a Parigi (Scuola di Notre Dame, cosiddetta perché sorta presso la Schola cantorum della cattedrale di Notre Dame, allora in costruzione) e a Limoges (Abbazia di Saint Martial), si compiono i primi esperimenti che consentiranno di gettare le fondamenta teoriche dalle quali poté svilupparsi la polifonia successiva.

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La Musica Profana e le prime forme polifoniche



È l'inizio di una nuova era musicale caratterizzata da un tipo di canto in cui si sovrappongono più linee melodiche (due o più voci eseguono contemporaneamente differenti melodie formanti un insieme armonico). Accanto alla musica religiosa, come si è accennato, si sviluppa una produzione musicale profana. In Francia, i trovatori al sud e i trovieri al nord, allietano le corti con melodie celebranti l'amor cortese. Lo stesso faranno un po' più tardi in Germania i Minnesänger. Fra le forme più importanti diffuse da trovatori e trovieri si ricordano la chanson in Francia e i Lied in Germania. Sulle basi delle elaborazioni polifoniche della Scuola di Notre Dame, nel secolo XV sorge la Scuola fiamminga da cui trarranno origine i grandi capolavori del Cinquecento.

Le opere dei trovatori/trovieri/minnesänger sono lo specchio fedele dei costumi e delle gerarchie operanti nella società cortese, ed essi stessi contribuirono ad esaltarli e a difenderli. Il "servizio d'amore" venne assimilato al servizio feudale. La donna amata diventò la sovrana, la senhoressa del poeta; l'omaggio che egli le rendeva era simile a quello del vassallo al suo signore feudale. L'epiteto che designava questo sentimento è fin'amore, amore intenso come l'elevazione, distinzione e raffinatezza, quel sentimenti che Andrea Cappellano nel suo trattato d'amore esortava a fare onestamente, cioè rispettando le strette regole della mondanità.
I poeti-musicisti che crearono i repertori lirici francesi furono chiamati trovatori (troubadours) e trovieri (trouvières), nomi che rimandano al nostro trovare, e tutti insieme al latino medioevale tropare, cioè comporre tropi.

Conosciamo i nomi di parecchie centinaia di trovatori/trovieri/minnesänger; di molti di essi conosciamo anche le poesie; di numero inferiore, ma apprezzabile le melodie.
Molti trovatori/trovieri/minnesänger, oltre a comporre, eseguivano anche le loro canzoni, ma l'esecuzione e la diffusione dello loro liriche era frequentemente affidata a menestrelli ( in francese jongleurs ). Essi cantavano, suonavano e danzavano. Avevano esistenza per lo più nomade, e questo assicurava la diffusione delle composizioni trovadoriche. Più avanti si organizzarono in corporazioni che furono attive per diversi secoli.

A volte i canti erano accompagnati dalla viella, dall'arpa o da altri strumenti; non è escluso che tra una strofa e l'altra fossero eseguiti brevi interludi.

Mentre a Parigi nascono le prime forme polifoniche, in Italia il canto monodico raggiunge una delle sue espressioni più elevate con la lauda, canzone popolare di ispirazione religiosa nata in seno alle comunità religiose dell'Umbria. Nella Firenze del Trecento fioriscono, per opera di valenti musicisti tra i quali primeggia Francesco Landino (1335-1397), le prime forme polifoniche profane: il madrigale, la caccia, la ballata.

L'azione dei grandi papi nel secolo XIII, a incominciare da Innocenzo III, e l'affermarsi di nuovi movimenti religiosi, tra i quali gli ordini fondati da San Francesco D'Assisi (i francescani) e da San Domenico Guzmán (i domenicani) stimolarono in Italia e in Europa una crescita del sentimento religioso. Esso coinvolse tutti i ceti della società - nobiltà, borghesia, popolo - e ogni aspetto della vita culturale, e trovò nei nuovi volgari italici un mezzo di comunicazione letteraria efficace alla portata di tutti.

Dai movimenti di spiritualità collettiva ed itinerante di alcune confraternite laiche che, intorno alla metà del secolo, si costituiscono in varie città, soprattutto nell'Umbria e nella Toscana, ebbe origine la produzione poetico-musicale della Lauda (plurale laude). Queste confraternite - tra le quali emersero i flagellanti o i disciplinati - percorrevano le strade pregando e cantando inni latini e nuovi canti in volgare. Questi ultimi erano più facilmente comprensibili e quindi ottennero un rapido successo. Dapprima tramandati oralmente, furono puoi raccolte in antologie chiamate laudari.
La struttura poetica della lauda era quella della ballata, che si presentava all'esecuzione alternata fra solista (la ripresa e la volta) e coro (le mutazioni). Nel ricco patrimonio poetico di laude sono trattati argomenti che ricevono la vita di Cristo, dalla nascita alla morte, con prevalenza dei temi della passione, ed episodi della vita di alcuni santi.

Contemporaneamente delle popolari laude tosco-umbre furono le Cantìgas de santa Maria, importante documento della pietà religiosa iberica. Si tratta di oltre 400 canti in cui sono raccolte pie leggende sulla Madonna. Furono raccolti per iniziativa di Alfonzo X "el Sabio" ( cioè il sapiente, il dotto ), che fu re di Castiglia e di León dal 1252 el 1284 e forse ne compose egli stesso.

Le cantìgas furono scritte in gallico ( lingua parlata in Galizia, all'estremità nord-occidentale della Spagna ) perché questa era lingua usata per la lirica. La forma poetica era affine a quella del virelai francese, formato da ritornello e strofe ( estribillo ed estrofas ). La musica risente di influenze trovadoriche, spiegate dal fatto che alcuni degli ultimi trovatori soggiornarono alla corte di re Alfonzo X.

Durante l'alto medioevo nei giochi e negli spettacoli dei mimi e dei giullari erano certamente impiegate musiche vocali e strumentali. Essi, conservano una tradizione che già esisteva nell'età romana, si esibivano nei villaggi e nei castelli come giocolieri, cantanti, danzatori e suonatori. Della loro musica, che sappiamo gradita tanto ai castellani che al popolo, non conosciamo nulla.
Si conservano, invece, alcuni canti profani in latino dei secoli IX e X, che ci sono pervenuti in notazione neumatica, non facilmente decifrabili.

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L' Ars nova del XIV secolo in Francia ed in Italia



Nel corso del XIV secolo in Francia e in Italia si afferma l'Ars nova, dal titolo del trattato di Philippe de Vitry Ars nova musicae, in cui la nuova musica viene contrapposta a quella dell'Ars antiqua. Le maggiori novità di questa produzione risiedono nel pieno sviluppo della pratica polifonica, nella grande varietà ritmica, nell'utilizzo delle più recenti e complesse notazioni e soprattutto nel deciso favore riservato alle già citate composizioni profane del madrigale, della caccia e della ballata.

L' Ars nova francese nasce a Parigi, nell’ambiente universitario della Sorbona. Il nome compare per la prima volta come titolo di un trattato di Philippe de Vitry, docente universitario, poeta e compositore, amico del nostro Petrarca. Il termine nova indica le innovazioni nell’ambito dell’applicazione del mensuralismo alla tecnica compositiva e soprattutto alla notazione. Da questo momento l’arte della Scuola di Notre Dame si chiamerà Ars antiqua.

Parallelamente all’affermarsi delle monarchie nazionali e alla conseguente riduzione del monopolio
culturale della Chiesa, con l’Ars nova si ha un progressivo sviluppo di generi compositivi lontani dal mondo ecclesiastico, che trovano nella polifonia un elemento di crescita e di affrancamento dalla prassi esecutiva, dalla modalità e soprattutto dal ritmo tipici del gregoriano.

Le principali innovazioni dell’Ars nova sono:

- Introduzione di metri binari accanto a quelli ternari, ritenuti perfetti perché specchio della Trinità divina;

- Introduzione di nuovi valori nel mensuralismo : al di sopra della longa abbiamo la maxima, che, a differenza della duplex longa, può valere anche tre longae; sotto la semibrevis abbiamo la minima ;

- Introduzione di una grande varietà sia di metri che di derivazioni binarie e ternarie all’interno della stessa composizione.

L' Ars nova italiana a differenza da quella francese, non è preceduta da una Ars polifonica significativa con cui confrontarsi; vi furono però, già nel Duecento, frequenti contatti con la Francia: l’università della Sorbona comunicava con le università dell’Italia settentrionale, specie con quella di Padova; a Napoli regnava la dinastia francese degli Angioini, che favorì gli artisti d’oltralpe.

Il nome Ars nova, pertanto, viene usato per rapportare la polifonia italiana a quella francese. Il più importante teorico dell’Ars nova italiana è Marchetto da Padova, che nella prima metà del Trecento scrive due trattati, il Pomerium e il Lucidarium. In entrambi si evidenzia una concezione del mensuralismo più proiettata verso la derivazione binaria e verso i tempi quaternari, rispetto a quella dell’Ars nova francese.

La produzione polifonica italiana è documentata a partire dal 1340 circa; il fenomeno da noi è molto
meno diffuso che in Francia, dove l’università ha fatto da guida agli ambienti cortesi; ricordiamo le forme che Machaut mutua dalla musica dei trovieri (ballade, rondeau, virelais). In Italia la polifonia è praticata soprattutto in ambienti ecclesiastici e presso alcune corti ( gli Scaligeri a Verona e a Padova, i Visconti a Milano); negli ambienti cittadini si preferiscono ancora delle forme monodiche (ballate, canzoni) e danze strumentali.

I principali musicisti dell’Ars nova italiana sono Jacopo da Bologna e Johannes da Florentia, attivi a Milano e a Verona, dove sono protetti da Giovanni Visconti e da Mastino della Scala; nella seconda metà del Trecento, finito il regno dei due signori, il centro di produzione diviene Firenze, dove è attivo Francesco Landini, organista e maestro organaro (è chiamato anche
Francesco degli organi): cieco dalla nascita, fu anche poeta e filosofo.

Mentre nella prima metà del Trecento lo stile dell’Ars nova italiana risente soprattutto delle indicazioni e della teoria compositiva di Marchetto da Padova, nella seconda metà del secolo e soprattutto in seguito al ritorno dei papi da Avignone, esso risente maggiormente dell’influsso dell’Ars nova francese; conserva sempre, però, le caratteristiche di riservatezza tipiche di un fenomeno di avanguardia, per pochi intenditori.

I generi compositivi sono:

- Madrigale: tipicamente italiano, trae il nome, probabilmente, dal termine ”matricale”, che significa “nella lingua madre”, con riferimento al volgare italiano; altri pensano ad una derivazione da “mandria”, con riferimento all’ambientazione agreste. E’ a due voci, quella superiore più mossa, ma con momenti imitativi ( attacco differenziato, la seconda voce che “imita” la prima, riprendendone la melodia): pertanto è bene supporre che l’esecuzione sia totalmente cantata.

- Caccia: presente anche in Francia come tecnica compositiva, diventa un genere autonomo in Italia; i testi sono descrittivi, con momenti onomatopeici, e prediligono scene di movimento (caccia, mercato, giochi ) si fa grande uso dell’imitazione e dell’hoquetus. Le voci sono tre, le due superiori a canone (v. “momenti imitativi”), la terza, inferiore, è un tenor strumentale di
sostegno. Mentre il Madrigale è una forma fissa, la Caccia ha un andamento libero.

- Ballata: utilizzata soprattutto nella forma monodica, mutuata dalla Lauda duecentesca, si esegue con canto alternato fra solista e coro (responsoriale). La forma è fissa: sezione melodica a per ripresa e volta, sezione melodica b per primo e secondo piede della stanza o strofa.

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La Scuola Fiamminga in Belgio ed Olanda del XV secolo



Gli inizi del XV secolo vedono la fioritura in Belgio e in Olanda della cosiddetta Scuola fiamminga. Raccogliendo l'eredità dell'Ars nova francese, i maggiori esponenti di questa scuola (tra cui Dufay e Ockeghem) coltivano tecniche polifoniche arricchite dall'utilizzo di un numero sempre crescente di voci e di un elaborato contrappunto.

Il movimento musicale predominante nell’epoca umanistico-rinascimentale fu la scuola fiamminga, fiorita tra XV e XVI secolo nelle regioni della Fiandra (che occupava all'incirca il territorio degli attuali Belgio e Olanda e Francia settentrionale) e della Borgogna.

Gli studiosi sono soliti distinguere diverse generazioni di autori che comprendono in due ampie fasi successive: la fase borgognona-fiamminga e quella franco-fiamminga, anche se il movimento nel suo insieme ebbe carattere internazionale, poiché i musicisti svolgevano spesso la loro attività in paesi stranieri diffondendo il loro stile in tutta Europa.

Il centro dello sviluppo della scuola polifonica fiamminga era spesso la cappella della cattedrale della città, di solito finanziata dalla borghesia benestante. Gli allievi, inizialmente ammessi come cantori, avevano l'opportunità di seguire un percorso di apprendimento musicale completo, in maniera simile a quello che accadeva altrove negli studium di arti liberali, in quello che fu uno dei primi esempi di scuola compositiva nella storia della musica occidentale.

Il carattere della polifonia fiamminga fu fortemente influenzato dalla scuola inglese, caratterizzata da consonanze per terze, e rivoluzionò così la pratica della polifonia ereditata dall' Ars nova e dall'Ars antiqua basata su successioni di quarta, quinta e ottava. Ciò pose le basi per lo sviluppo di quella che sarebbe stata la teoria dell’armonia.

I fiamminghi praticarono in maniera innovativa le forme del passato, tra cui la Messa e il Mottetto, che divenne il luogo privilegiato della sperimentazione contrappuntistica e raggiunse livelli di incredibile complessità (citiamo ad esempio il mottetto "Deo Gratias" di Johannes Ockeghem, a 36 voci). Un’altra forma frequente della musica fiamminga del '400 fu la Chanson profana, di derivazione francese e per lo più a carattere amoroso, a 3 voci e caratterizzata da una polifonia molto semplice.

I compositori fiamminghi si formarono prevalentemente nelle cappelle musicali delle città della Fiandra, e tra i maestri in questo ambito possiamo citare Guillaume Dufay, Johannes Ockeghem, Jachob Obrecht, Henrich Isaac, Pierre de la Rue e Josquin Despréz.

Il primo e forse il più importante compositore della scuola fiamminga fu Guillaume Dufay (1397-1474), si può dire infatti che la transizione fra lo stile del primo Quattrocento e quello rinascimentale è avvenuta quasi interamente nella sua opera. Nato nella regione di confine tra la zona fiamminga e quella vallone, dal 1409 al 1414 fu cantore nella cattedrale di Cambrai e dopo essere stato a Rimini e a Pesaro alla corte dei Malatesta (1420-26), nel 1428 entrò a far parte della cappella papale romana e nel 1433 passò alla corte del duca Ludovico di Savoia fino al 1440. Dal 1435 al '37 fu però attivo ancora presso la cappella papale allora a Bologna e a Firenze. Dal 1442 sembra sia stato cantore nella cappella dell'antipapa Felice V mentre riceveva grandi onori anche a Ferrara e Laon, Tournai e Parigi. Dal 1445 prese stabile dimora a Cambrai, dove era anche canonico, e dove, come celebre "Principe della Musica", ricevette la visita di numerosi musicisti ed altri grandi dell'epoca, tra cui Carlo il Temerario, duca di Borgogna. Morì il 27 novembre 1474 dopo una lunga malattia. Dufay fu il più influente musicista del XV secolo e la sua musica venne copiata, distribuita e cantata in ogni nazione ove la polifonia avesse messo radici. Egli rivelò la sua personalità innovatrice soprattutto nelle messe (tra cui la celebre Missa L'homme armé) ma anche nelle Chansons e nei Mottetti (tra i quali eccelle Nuper rosarum flores, composto per l'inaugurazione della cattedrale di santa Maria del Fiore a Firenze nel 1436).


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Fonti:
antoniogramsci.com


spazioinwind.libero.it


arturu.it


magistralinuoro.it


classicaonline.com


Edited by francesina63 - 20/7/2015, 22:45
 
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