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Intervista a Sergio Hernández:
«È stato quasi un ritiro spirituale permanente»
«È stato quasi un ritiro spirituale permanente». Così l’attore cileno Sergio Hernández definisce l’esperienza di interpretare Jorge Mario Bergoglio nel film di Daniele Luchetti "Chiamatemi Francesco". Il Papa della gente. Prodotta dalla Taodue di Pietro Valsecchi, la pellicola sarà nelle sale italiane il 3 dicembre 2015.
«Ho lavorato in oltre 50 film di vario genere», prosegue l’attore, «ma nessuno mi ha fatto affrontare così tante sfide e responsabilità, perché Francesco non è un uomo e un Papa qualunque, ma una personalità che sta ogni giorno sulla scena mondiale e, non ho dubbi, trasformerà in modo cruciale la vita del nostro tempo».
Hernández veste i panni del Bergoglio maturo (dal 2005 in poi), arcivescovo di Buenos Aires e, dal marzo del 2013, papa Francesco. Il Bergoglio giovane, invece, negli anni dal 1961 al 2005, viene interpretato dall’attore argentino Rodrigo De La Serna. Hernández, 57 anni, ha esordito in teatro e dagli anni Settanta è apprezzato interprete di film e serie televisive.
Hernández, come si è preparato a un ruolo così impegnativo come quello di papa Francesco?
«Durante i nove mesi della lavorazione del film ho fatto un grande lavoro di introspezione, anche spirituale. Ogni giorno ho ascoltato le omelie di Bergoglio, le sue interviste, le sue Messe, analizzando tanti materiali audiovisivi. Sono stato diverse volte a Buenos Aires e ho conversato a lungo per adattare il mio accento e compenetrarmi nella cultura argentina. Sono stato al Barrio de Flores, dove Bergoglio ha vissuto una parte importante della sua vita e dove si trova la sua casa. Ho studiato il suo sguardo, i suoi gesti, l’energia che lo anima, anche se il regista Luchetti mi ha sollecitato a non fare una copia esteriore di Bergoglio, quanto piuttosto a sviluppare la sua spiritualità e a proiettarla in ogni momento del film».
Per meglio prepararsi ha incontrato anche personalità della Chiesa?
«Sì, certo. L’incontro con il vescovo Eduardo Garcia, che a Buenos Aires ha lavorato 11 anni accanto a Bergoglio, mi ha aiutato molto a interpretare in modo più preciso e realistico il cardinale. Ho anche parlato con l’arcivescovo di Santiago del Cile, il cardinale Ricardo Ezzati, che all’incontro dei vescovi latinoamericani di Aparecida lavorò insieme a Bergoglio. Ma mi hanno aiutato moltissimo anche i colloqui con la gente anonima e umile dei quartieri frequentati dal futuro papa Francesco».
Quali episodi considera più significativi nella vita di Bergoglio?
«Ce ne sono diversi che considero di fondamentale importanza. Molti di questi riguardano la storia delle Villas, specialmente la celebre Villa 31, un sobborgo povero e degradato di Buenos Aires. Lì gli abitanti stavano per essere espulsi dalle loro case dalle ruspe della polizia e dei militari. Non sarebbe dovuto restare in piedi più nulla e gli abitanti erano disposti a tutto pur di difendere il loro quartiere. Bergoglio si presentò tra la folla insieme all’allora arcivescovo di Buenos Aires e insieme celebrarono una Messa su un altare improvvisato. Di fronte a quel gesto i poliziotti e i militari decisero di ritirarsi con le loro ruspe».
Che effetto le ha fatto indossare l’abito bianco del Papa?
«Emozionante. Devo aggiungere che il personale addetto alla sartoria e al trucco ha svolto un lavoro eccezionale, con un perfezionismo e una creatività davvero di altissimo livello».
Come si è trovato a lavorare con Daniele Luchetti?
«Se non ci fosse stato Daniele penso che difficilmente avremmo visto una squadra lavorare con tale dedizione e professionalità a un progetto così complesso come il film su papa Francesco. Daniele è un grande regista, e con lui ho vissuto una complicità creativa mai sperimentata con nessun altro regista».
Da sudamericano come ha vissuto l’elezione a Papa di Bergoglio?
«Come cileno ho festeggiato l’elezione di Bergoglio e la gioia per un Papa sudamericano è stata enorme. Nella storia degli ultimi cinquant’anni del nostro continente la Chiesa cattolica ha giocato un ruolo molto importante per la difesa e la protezione dei più poveri. I documenti redatti nell’incontro di Aparecida, in Brasile, e in altre occasioni, danno conto di un movimento sociale nel quale la Chiesa sudamericana ha giocato un ruolo di grande rilevanza».Fonti:
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