Anche i papà soffrono di depressione post-partum

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view post Posted on 28/5/2017, 07:56     +1   -1
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Non è più solo una questione femminile. Ansia, senso di inadeguatezza, tristezza, panico e paura, in una sola parola "depressione post partum" (DPP), può soffocare e attanagliare anche gli uomini che stanno per diventare papà. Lo confermano recenti ricerche internazionali, come quella condotta dall'Università di Auckland, Nuova Zelanda: su un campione di 3523 uomini intervistati, tutti intorno ai 33 anni, 2,3% manifestava sintomi depressivi durante al gravidanza della compagna e il 4,3% dopo la nascita del loro figlio. "E' un fenomeno poco esplorato, in Italia non abbiamo ancora ricerche a livello nazionale che facciano luce su questo nuovo disagio maschile", spiega il sociologo Roberto Fumagalli, che ha indagato su questo tema nel libro "Diventare padri nel terzo millennio", FrancoAngeli. "Solo recentemente si sta prendendo coscienza del problema, spesso sommerso e occultato dagli stessi uomini che ne soffrono, perché fanno fatica a esplicitarlo e quindi a chiedere aiuto". Per saperne di più abbiamo intervistato l'esperto, per capire quali sono le cause, come affrontarlo e quale supporto poter dare al proprio compagno che ha questa patologia.

Che cos'è la depressione post parto maschile?

"Il passaggio dall'essere uomo e donna a diventare genitori è particolarmente delicato. E' un momento di transizione e di ricostruzione di una nuova identità, che può portare anche sofferenza e malessere, manifestandosi in depressione. I sintomi possono esser disparati: ansia, senso di colpevolezza immotivata, paura, panico, inadeguatezza e inefficacia rispetto a ciò che accade, insonnia, crisi di pianto, pensieri autodistruttivi. Ma se nelle donne queste forme depressive si fondano in parte su cause naturali, dovute a brusche alterazioni ormonali, negli uomini sembrano essere provocate da fattori culturali. Sono saltati i modelli di riferimento tradizionale su come deve essere un padre e cosa deve fare per i figli, così i nuovi papà sono stati costretti a reinventarsi ex novo una nuova figura genitoriale in linea con i cambiamenti della società. Sono una sorta di pionieri che tracciano nuove strade e questa esplorazione può generare spaesamento, sensazione di solitudine e il non sentirsi compresi".

Quindi è un fenomeno emerso recentemente: quali sono i fattori scatenanti?

"Fino a cinquant'anni fa ai padri era riservato il ruolo di produzione, cioè il sostentamento del nucleo familiare, e per essere un bravo capo famiglia, la ricetta era semplice: lavorare sodo, pianificare il futuro, proteggere i figli e insegnar loro a distinguere il bene dal male, attraverso la disciplina. Ora anche le donne lavorano e desiderano portare avanti la loro carriera. Inoltre si diventa genitori sempre più in là nel tempo, in un momento in cui sia l'uomo che la donna investono sulla professione e quindi all'interno del ménage familiare si è creata un'interscambiabilità di ruoli: entrambi devono pensare al mantenimento dal punto di vista economico, entrambi devono saper accudire i figli in termini emotivi. Inoltre l'aiuto dello Stato nei confronti delle nuove famiglie si è fatto sempre più esiguo e anche lo stesso nucleo familiare d'origine non garantisce più lo stesso sostegno. Oggi i nonni spesso continuano a lavorare oppure sono troppo anziani per dare una mano con i nipoti. Ai nuovi papà viene chiesto di rinegoziare il proprio ruolo dopo la nascita di un figlio, di ribaltare tutto quello che era stato tramandato dai modelli tradizionali, mettendo all'angolo la figura del padre autoritario, maschio ed egemone, per trasformarsi in un papà "plastico" e flessibile, capaci di essere accudente ed empatico, anche un po' "mammo" per supportare la compagna. E questo cambiamento identitario, in linea con i mutamenti repentini che la società impone, non è sempre facile da vivere e può far sentire inadeguati, generando patologie depressive post partum".

Chi sono i soggetti più a rischio?

"Per scrivere il capitolo del libro mi sono avvalso della consulenza della Dott.ssa Caterina Cattaneo, psicologa del Consultorio "Genitori Oggi" – Clinica Mangiagalli di Milano, che mi ha spiegato che la maggior parte degli uomini colpiti dalla DDP sono professionisti, intorno ai 35-37 anni, alle prese con il loro primo figlio. Anche le loro partner indicativamente hanno la loro stessa età, sperimentano lo stesso momento di vita lavorativa e stanno affrontando la stessa transizione allo "stato di genitore". C'è una chiara convergenza di genere, che porta l'uomo a rinegoziare la sua dimensione lavorativa, che da sempre è stata la sua dimensione identitaria. Bisogna trovare dei compromessi affinché entrambi non rinuncino al loro lavoro, attivare le proprie abilità emotive per crescere i figli e questo comporta una revisione del concetto di virilità che gli era stato insegnato. Chiedere a un uomo di essere accudente, crea in molti uno stato di confusione: è come se prendersi cura dei figli, sintonizzarsi sui loro canali emozionali li rendesse meno uomini, minasse la sua credibilità maschile. C'è la difficoltà a liberarsi di determinati stereotipi culturali, a vivere questa contrapposizione tra i vecchi modelli di paternità e quelli nuovi. Ma credo sia normale perché è un processo in divenire, che va metabolizzato e di cui molti non sono neanche consapevoli, visto che davanti ai disagi che crea la DDP si vergognano e non ammettono di avere un problema".

Come si può fare per aiutarli?

"Non è facile, perché spesso sono loro i primi a non voler affrontare la situazione. Perché non lo riconoscono come un disturbo, ma pensano sia solo una loro debolezza. Fanno fatica a dire a se stessi "io sto male, sono in difficoltà", inoltre si sentono soli perché non solo più al centro dell'attenzione della partner. E' lo stereotipo di mascolinità che gli impedisce di rivelare i propri sentimenti, le proprie emozioni e di concedersi di potere soffrire il "baby blues" dopo la nascita del figlio. Questo processo di negazione può essere scardinato non solo con un supporto psicologico, ma anche con l'aiuto della propria donna. E' importante sostenersi e permettere all'altro di trovare il suo nuovo equilibrio nel ruolo di padre e compagno, comprendere che anche lui sta affrontando un profondo cambiamento, che può genera turbamenti, e che non servono le critiche, ma solo attenzioni e comprensione".
 
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